Pier Giuseppe Accornero, sacerdote, giornalista e scrittore
«Nella Chiesa c’è posto per tutti e tutti possono trovare il loro posto». La Congregazione per il clero pubblica un’Istruzione nel bel mezzo della pandemia da Coronavirus, strumento canonico-pastorale sulla riforma delle comunità parrocchiali e delle aggregazioni. Con il parroco, «pastore proprio», collaborano i diaconi permanenti, i consacrati e i laici secondo la propria vocazione e il proprio ministero alla missione della Chiesa. In 11 capitoli «La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa» – datata 29 giugno e presentata alla stampa il 20 luglio 2020 dal cardinale prefetto Beniamino Stella – segue le istruzioni «Ecclesia de mysterio, su alcune questioni circa la collaborazione dei fedeli laici ai ministero dei sacerdoti» (1997) e «Il presbitero pastore e guida della comunità parrocchiale» (2002).
Il documento non contiene novità legislative; propone modalità per favorire la corresponsabilità dei battezzati e promuovere una pastorale di vicinanza e cooperazione; sollecita il rinnovamento e la conversione della parrocchia affinché riscopra il dinamismo e la creatività che la portano «in uscita», come piace a papa Francesco. La prima macro-area (capitoli 1-6) riflette sulla conversione pastorale, il senso missionario e il valore della parrocchia. La seconda macro-area (capitoli 7-11) si sofferma sulle ripartizioni sui ruoli nelle comunità.
La parrocchia «casa in mezzo alle case», finalizzata all’evangelizzazione
La definizione, nei documenti CEI dagli anni Novanta in poi, lumeggia il ruolo della parrocchia: «Globalizzazione e mondo digitale ne hanno modificato il legame con il territorio e così emerge una parrocchia capace di cogliere le istanze dei tempi e di adeguare il servizio ai fedeli e alla storia». Va rinnovata in chiave missionaria; sia lontana da autoreferenzialità e sclerotizzazioni; coltivi «l’arte della vicinanza»; punti su dinamismo spirituale, annuncio della parola di Dio, vita sacramentale, testimonianza della carità; sia attenta ai poveri e da essi si lasci evangelizzare: «I cambiamenti siano flessibili e graduali perché ogni progetto va situato nella vita reale, non essere imposto dall’alto o clericalizzato».
Le ripartizioni parrocchiali e il parroco «pastore proprio»
Spiega le procedure su incorporazione, fusione, divisione delle parrocchie, delle unità pastorali, delle zone pastorali (o vicariati foranei). Il parroco è «pastore proprio» a servizio della parrocchia, in cura delle anime: deve aver ricevuto l’Ordine ed è esclusa ogni altra possibilità. Amministratore dei beni e rappresentante giuridico della parrocchia, va nominato a tempo indeterminato «poiché il bene delle anime esige stabilità e implica conoscenza e vicinanza alla comunità». È prevista «la nomina a tempo determinato» (almeno 5 anni) e la rinuncia a 75 anni.
Il ruolo fondamentale di diaconi permanenti, religiosi, laici
I diaconi permanenti sono «non mezzi preti e mezzi laici» ma ministri ordinati, collaboratori del vescovo e dei presbiteri; non vanno visti in ottica clericale e funzionalistica. Loro compiti: proclamazione del Vangelo e servizio alla mensa eucaristica; evangelizzazione e catechesi; carità e amministrazione dei beni. Dei consacrati ricorda «non tanto il fare, quanto l’essere testimoni di una radicale sequela di Cristo». Dei laici sottolinea la partecipazione all’azione evangelizzatrice: possono essere lettori e accoliti in forma stabile e possono ricevere dal vescovo gli incarichi: celebrare la liturgia della Parola e le esequie, amministrare il battesimo, assistere ai matrimoni, predicare ma non tenere l’omelia della messa.
Gli organismi di corresponsabilità ecclesiale
Se ne parla da 60 anni, dal concilio Vaticano II (1962-65). Il Consiglio per gli affari economici: a carattere consultivo e composto da almeno tre membri, è necessario per la gestione dei beni «ambito importante di evangelizzazione e di testimonianza» perché sono della parrocchia e non del parroco: deve «far crescere la cultura della corresponsabilità, della trasparenza amministrativa, del sovvenire alle necessità della Chiesa». Il Consiglio pastorale parrocchiale è «vivamente raccomandato» come organismo consultivo e non burocratico: deve sottolineare la centralità del popolo di Dio, deve cercare e studiare iniziative pastorali e caritative della parrocchia.
No ai «tariffari» per i sacramenti, l’offerta è libera
È una prassi in atto in gran parte della Chiesa italiana da decenni. Le offerte non sono una tassa, devono essere libere: «La vita sacramentale non va mercanteggiata, la messa e le altre celebrazioni non sono soggette a tariffari, alla contrattazione o al commercio. La parrocchia non diventi agenzia di servizi, non è un’azienda e non può essere diretta da chiunque». Ambienti laici e giornalistici hanno propalato fandonie e hanno acclamato alla «rivoluzione». In varie interviste il card. Stella trova «riduttiva la lettura dei laici in relazione a matrimoni e funerali. Si tratta di norme già esistenti» in caso di mancanza di sacerdoti e diaconi: «Nel matrimonio i ministri sono gli sposi. Chi chiede il consenso – chierico o laico – è un “teste qualificato” e lo accoglie a nome della Chiesa. Le esequie possono essere eseguite da laici, senza messa».
Non agenzia di servizi né filiale dell’azienda-diocesi
Il prefetto Stella definisce l’istruzione «un segnale di allerta su una concezione della parrocchia, qua e là esistente» come «agenzia» che eroga servizi sacramentali, cultuali, sociali, caritativi o come «filiale» dell’«azienda-diocesi» diretta da «funzionari». Invece è una «famiglia» in cui ciascuno contribuisce per la sua parte e in cui il parroco, solo un sacerdote, è il «pastore proprio»: «La vocazione dello spettatore, polemico e critico, non viene da Dio e non contribuisce all’evangelizzazione».
Pier Giuseppe Accornero, sacerdote, giornalista e scrittore