Giancarlo Tettamanti – giornalista pubblicista, socio fondatore AGESC
«La libertà dei genitori verso i propri figli, rappresenta un diritto sancito del nostro Paese, ma anche un dovere da garantire e da promuovere da parte dello Stato e dei singoli cittadini» (card. Angelo Bagnasco)
Il totalitarismo del pensiero unico decide che cosa esiste e che cosa no, di che cosa si può parlare e di che cosa è proibito, pena la pubblica gogna. È un totalitarismo culturale che si mostra tanto più arrogante quanto più è vuoto; tanto più pauroso e sospettoso quanto più è nudo.
Con il termine «cultura» si vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina ed esplica le sue molteplici doti di anima e di corpo, procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza ed il lavoro, rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile.
La «cultura» è dunque mezzo di redenzione ed essa stessa realtà da redimere e ciò comporta per ogni cristiano il compito di santificare tutte le realtà temporali e di superare quella pericolosa separazione, evidente più che mai nel nostro tempo, tra fede e cultura, tra la propria religiosità e l’insieme dei sentimenti, delle aspirazioni, delle esperienze e conoscenze che l’uomo vive e assimila attraverso il suo quotidiano.
Il bisogno fondamentale dell’uomo è di ricuperare la propria identità per progettare il proprio futuro non come contrapposto, ma in comunione con gli altri, di scoprirsi cioè come autentica persona umana. Come da precisazione di Angelo Scola: «Il criterio è dato dalla capacità di uscire dal proprio “particulare” e dare vita a comportamenti e aggregazioni che, pur senza ledere la libertà di nessuno, sono “proposte culturali” sostenute ed intrise di fede. Questi ambiti di cristianità, si fanno sempre più urgenti. Essi sono portatori di strutture libere, al servizio della libertà e del bene comune: in questo senso la scuola cattolica è – e deve essere riconosciuta – ambito di cristianità».
È in quest’ottica che, il 28 novembre del 1975, prese avvio l’Associazione Genitori Scuole Cattoliche. Promossa, a Milano, da genitori di scuola cattolica che decisero – in un tempo difficile, coinvolgente sia la società civile, che la comunità ecclesiale – di rispondere, al di sopra dei miraggi promessi da una società illuminista, al diritto di decidere una scelta per la vita, una scelta per l’uomo, impegnandosi in promozione dell’educazione, della famiglia, della scuola cattolica, della libertà di insegnamento, e della libertà religiosa. E ciò rispondendo al bisogno fondamentale dell’uomo di ricuperare la propria identità e il senso vero della propria vita.
Consci che le esigenze dell’uomo vanno valorizzate nell’unità della persona evitando il pericolo della dissociazione e dello sbilanciamento, corrisposero – per quanto loro possibile – al bisogno dell’uomo di essere educato e insieme di educarsi, e quindi al bisogno di apprendere, inteso sia nel senso di scoprire la realtà, sia nel senso di impadronirsi di un metodo di ricerca, di analisi e di verifica, per un ricupero di quella capacità critica che oggi spesso sembra paralizzata. Da qui il sostegno della scuola cattolica, e il diritto delle famiglie di esercitare la libera decisione nella scelta dell’educazione scolastica per i figli.
«L’uomo non può fare a meno di scegliere, perché non è nel suo potere cessare di essere uomo: pertanto non scegliere la verità significa scegliere l’errore, non scegliere la virtù significa scegliere il vizio: l’uomo non è mai fuori da questa alternativa!» (Antonio Rosmini). Su questo sfondo, sin dall’inizio l’associazione ha rappresentato e sostenuto il protagonismo dei genitori delle scuole cattoliche per una presenza attiva per-nella-con la scuola in promozione di una libera scelta educativa cristiana e per un impegno cristiano in un contesto ecclesiale e sociale.
A distanza di 45 anni il compito è quello di orientarsi verso una rinnovata e più ampia capacità di stabilire legami sia all’interno della comunità scolastica, sia nel rapporto con le altre organizzazioni e istituzioni culturali, sociali e politiche. Questa è la condizione per arrivare a un possibile, auspicabile successo nel perseguimento degli obiettivi di autentica libertà e responsabilità individuale e collettiva. Una libertà e responsabilità il cui vettore è quello – all’interno e all’esterno – di stabilire relazioni di insieme; libertà e responsabilità che devono essere dette e proclamate: cioè con un atteggiamento da realizzarsi mediante un’ampia e incisiva presenza associativa nella scuola e sul territorio.
E ciò vale non soltanto a livello di comunità scolastica, ma anche a livello di comunità cristiana, pur constatando che, nel contesto attuale, l’attenzione di quest’ultima sul territorio sembra essere ancora debole.
Le sfide di allora, oggetti di attenzione e di confronto associativo, oggi permangono caratterizzando ancora l’impegno futuro: tuttavia oggi, tra «passato» e «futuro», c’è un «presente» ricco di incognite, di problemi, di impegni. Si tratta di situazioni sulle quali non è possibile tacere, poiché tacere non significa non dire nulla, bensì essere, delle situazioni, corresponsabili e conniventi.
«Nella coscienza condivisa, ai diversi livelli – genitori e famiglie, educatori, istituzioni – sembra smarrita non solo la pratica felice di processi educativi, bensì l’idea stessa di educazione. Sembra essere in crisi l’esperienza elementare e complessiva dell’educare alla vita e con essa l’interesse personale all’educazione, poiché ne è stata smarrita la chiave intrapresa e la motivazione essenziale» (card. Camillo Ruini). La proposta di «senso» nella famiglia non c’è o se c’è è molto debole; nella scuola la proposta è spesso solo formalista a causa della prevalente preoccupazione economica e del piegarsi ai confusi programmi e agli ordinamenti ministeriali. L’attuale crisi dell’educazione ha a che fare non soltanto con le singole difficoltà, ma piuttosto con l’idea che abbiamo dell’uomo e del futuro. Come rimuovere e con quali riferimenti aiutare una ricomposizione educativa?
L’inserimento della educazione civica, tra gli ordinamenti scolastici, con lo studio della Costituzione e delle conseguenti norme applicative, è materia nuova e importante nel contesto attuale di frammentazione del sapere. Con tale approccio, le nuove generazioni ne scopriranno, attraverso i singoli articoli, l’importanza, ma anche orpelli contraddittori, inspiegabili paradossi, la presenza di contrasti tra vari commi, troppe interferenze di vario genere che ne condizionano il sano sviluppo. Da qui l’incipit di una integrazione nell’insegnamento del Magistero sociale della Chiesa, a complemento e chiarimento. Infatti: Con quali criteri avverrà l’insegnamento? Come? Da chi? Con quale coscienza civile? Con quale visione dell’uomo e della società?
Il problema economico non è il solo a preoccupare le scuole cosiddette paritarie, cattoliche e laiche, che vede lo Stato nei loro confronti perennemente inadempiente. C’è impellente un problema che predice ben maggiori preoccupazioni: la legge Zan che apre scenari multipli condizionando in futuro l’intera società. Si tratta di vera rivoluzione antropologica, che coinvolge un po’ tutti i fattori che riguardano la natura umana, facendo assurgere a «diritto e pretesa» riscrivere la natura umana per legge e imponendo, con il beneplacito soccorso ministeriale, corsi formativi nelle scuole dai bambini delle scuole primarie sino agli anziani. Con l’inserimento negli ordinamenti scolastici diviene obbligatorio il non condiviso insegnamento del «verbo gender», e ciò mettendo a rischio sia la libertà di pensiero e di obiezione di coscienza, e la stessa identità delle scuole paritarie. Come la scuola cattolica reagirà? Operando una evangelizzazione in uscita o una secolarizzazione in entrata?
Con i tempi nuovi, l’AGESC non ha rotto il proprio immaginario sociale, non ha rotto la rappresentazione condivisa sulla quale si costruisce il patto fra le persone. Ridicendosi i valori e gli obiettivi con cui ha deciso di stare insieme, continuerà a costruire insieme a partire da una visione che tenga conto del «bene comune».
Ecco che allora, questo cammino associativo continuerà a essere seguito, condiviso, accompagnato, con una presenza assidua tesa ad iscrivere, nel proprio codice genetico, il valore della continuità, con la spinta e il segreto della propria evoluzione, cioè della propria capacità di risposta alle mutate situazioni, grazie alla fantasia, al realismo, al «sogno» ardito di persone concrete.