Per Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore
Dall’ovazione da stadio della Camera per l’inserimento nella Costituzione francese del «diritto di aborto» al manifesto delle Olimpiadi che cancella la croce. Non sia mai che qualcuno si senta disturbato. E dire che cinquant’anni fa Paolo VI espresse cordiale approvazione alla costruzione della moschea a Roma, la più grande d’Europa, commentando «La Chiesa non si abbassa a questi livelli» contro la curia romana che storceva il naso. Così niente da ridire sul fatto che qualche scuola, con 40-60 per cento di alunni musulmani, dia vacanza per il Ramadan. La cancellazione della croce è segno di una cultura che arretra e di una civiltà che scompare: dai tentativi di rimuoverla dalla Sala rossa del comune di Torino alle squadre spagnole che rinunciano a quel simbolo per vendere più paccottiglia nei paesi arabi.
Nel manifesto per i Giochi di Parigi (26 luglio-11 agosto 2024) la cattedrale San Luigi des Invalides è senza la croce sulla cupola: costruita nel XVII secolo da Luigi XIV («re Sole»), è un simbolo di Parigi come Notre Dame. La Rivoluzione francese voleva distruggere Notre Dame e, dopo il recente incendio, pensavano di trasformarla in un museo. Invece Emmanuel Macron la vuole restaurata e pronta nell’anno dei Giochi. La destra insorge: «Che senso ha organizzare i Giochi se si nasconde ciò che siamo? Così si nega l’identità e la storia francese». L’artista si giustifica: «Non ho secondi fini. Non rappresento oggetti o edifici in maniera conforme ma piuttosto come appaiono nella mente». In un paese poi che ha appena inserito nella Costituzione il diritto di aborto. Tempi duri per i cristiani e i loro simboli nell’ex «figlia prediletta della chiesa».
E non è l’unico caso. Nel 2017 il Consiglio di stato francese, massimo tribunale amministrativo, ha ordinato la rimozione di una croce che sovrasta il monumento, innalzato nel 2006 in onore di san Giovanni Paolo II a Ploermel in Bretagna, nel cuore dell’Europa, «perché viola la laicità dello Stato e va abbattuta». Nella piazza intitolata al papa polacco la statua, donata dall’artista russo Zurab Tsereteli, raffigura il pontefice in preghiera, in piedi, con le mani giunte. Sopra un arco c’è la croce, che evidentemente disturba la sensibilità di qualche oltranzista del laicismo. Così i giudici si appellano alla legge sulla separazione fra Stato e Chiesa del 1905, che proibisce l’erezione di monumenti religiosi in luoghi pubblici con l’eccezione di musei, cimiteri e luoghi di culto. Nel 2015 il tribunale di Rennes ordina la rimozione dell’intera statua. Dopo un ricorso, la sentenza: la statua può rimanere, la croce no.
Aldo Cazzullo sul «Corriere della Sera» («L’errore di abolire la croce») spiega in termini semplici e magistrali il nocciolo della questione: «Un conto è imporla; un altro è proporla; un altro è cancellarla. Quasi tutti i paesi musulmani hanno la mezzaluna nella bandiera, e nessuno chiede loro di rimuoverla. Il cristianesimo non è aut-aut, ma et-et; è nell’aggiungere, non nell’elidere. Umanesimo e cristianesimo sono stati a volte in contrasto, a volte legati. Abbiamo impiegato secoli per conciliare fede e ragione, spiritualità e diritti umani. Non gettiamo via tutto. Ai Giochi di Parigi ci saranno croci, ci saranno mezzelune; ed è importante che ci sia anche la stella di David». Un paladino nostrano della laicità, morto recentemente – con pagine e pagine di peana sui giornali torinesi – negli anni Settanta fondò un mensile, elogiatissimo per la sua laicità, che criticava Chiesa, papa e vescovi – operazione legittima – e che irrideva e insultava i contenuti della fede cristiana, e questo non è ammissibile.
Il Real Madrid eliminò la croce dallo stemma nel materiale destinato all’Arabia. Il Barcellona tolse la croce di san Jordi dallo scudo per vendere più magliette nei paesi musulmani. Il Paris-Saint-Germain, proprietà della famiglia reale del Qatar, cancellò la culla del santo, simbolo della città di Saint-Germain. Osserva l’agenzia di stampa ACI: «Tra mercato globale, ideali artistici e negazione della cultura il mondo cristiano scompare e la storia è annullata». Negli Stati Uniti è caccia ai cristiani e ai loro simboli «senza quartiere né regole – scrive «Corrispondenza romana» –, sistematica e permanente, feroce, ideologica, diabolica».
L’«American Humanist Association» promuove i «valori progressisti e atei»: indifferente a ogni religione, vuole distruggere una croce eretta nel 1925 a ricordo di 49 soldati caduti nella Grande guerra. In California una madre è stata costretta a togliere la croce nel punto ove il figlio ha perso la vita in un incidente stradale. Un giudice ha impedito l’erezione di un monumento con una croce che raffigurava un soldato in ginocchio sulla tomba di un commilitone caduto. L’Associazione combatte in particolare il cristianesimo e vuole estrometterlo dalla società. I paladini dello scientismo e del darwinismo, diffusi in 40 paesi e con un patrimonio di 3-5 milioni di dollari, contrastano la Chiesa; vogliono rinchiuderla nelle sagrestie; combattono l’obiezione di coscienza all’aborto; sostengono l’indottrinamento sessista a scuola.
Il «Rapporto sulla libertà religiosa 2023» di «Aiutiamo la Chiesa che soffre» evidenzia violazioni della libertà religiosa in 61 paesi: in 28, 13 in Africa, la situazione è peggiorata. Africa e Asia sono i più pericolosi per i cristiani: Nigeria e Corea del Nord, Cina e Arabia Saudita detengono un tristissimo primato. Anche se è difficile precisare la dimensione numerica della persecuzione, una stima realistica parla di 325 milioni di cristiani perseguitati. La Santa Sede alla recente 52ª sessione del Consiglio dei diritti umani dell’Onu a Ginevra ha dichiarato: «Si sono inasprite violenze e misure repressive. Ai credenti spesso è negato il diritto di esprimere e praticare la propria fede, anche quando ciò non mette a repentaglio la sicurezza o viola i diritti altrui. Un cristiano su sette subisce persecuzioni: un terzo della popolazione mondiale vive in queste condizioni».