Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore
«Papa Francesco è al corrente degli articoli usciti su una conversazione, a porte chiuse, con i vescovi della Conferenza episcopale italiana». Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede risponde il 28 maggio 2024 alle domande dei giornalisti. Come il Pontefice ha affermato convintamente più volte e in varie occasioni, «nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti». Aggiunge il portavoce: «Il Papa non ha mai inteso offendere o esprimersi in termini omofobi, e rivolge le sue scuse a coloro che si sono sentiti offesi per l’uso di un termine, riferito da altri». Ha suscitato un forte clamore l’indiscrezione mediatica secondo la quale nel dialogo a porte chiuse con i vescovi italiani dello scorso 20 maggio, Papa Bergoglio ha usato un’espressione colorita – copiata dal gergo italiano – per indicare la propria posizione e quella della Chiesa, contraria da sempre all’ammissione in Seminario e, tanto meno agli ordini sacri, degli omosessuali.
A parlarne per primo, domenica 26 maggio, è stato il sito Dagospia (un nome, un programma) che ha riferito, presumibilmente, la confidenza di uno o più vescovi, che ha riportato l’espressione gergale italiana («frociaggine») usata da Francesco. Che ha introdotto la bella abitudine di dedicare un paio d’ore, all’inizio delle assemblee della Cei, a un dialogo a ruota libera con i vescovi italiani, dei quali è primate. Anziché un discorso preparato e soppesato con il bilancino, Bergoglio preferisce un dialogo a ruota libera. Poiché si tratta di un incontro riservato, nulla riportano le fonti vaticane ed episcopali. E nulla si è saputo, neppure negli anni passati. E nulla si dovrebbe sapere.
In questi quattro-cinque mesi c’è stata la «visita ad limita» dei vescovi delle 16 Conferenze episcopali regionali: anche in questo caso c’è stata una conversazione a ruota libera. E le fonti nulla hanno rivelato. Così i vescovi hanno taciuto o al massimo si sono sbottonati dicendo magari: «Papa Francesco ci ha accolti come un padre». Dopo l’indiscrezione sulla «frociaggine» l’Ansa ha comunicato: «Il severo intervento del Pontefice è confermato da diverse fonti». Nessuna fonte però, ufficiale – commenta «Avvenire» – «essendosi l’incontro tra il Papa e i vescovi svolto a porte chiuse e con carattere informale e colloquiale. Si sapeva che il tema dei Seminari e della crisi delle vocazioni in Italia era stato oggetto di più domande da parte dei vescovi, essendo un tema centrale anche del Sinodo». Domande alle quali – aggiunge «Avvenire» – «com’è sua abitudine, il Papa aveva risposto con cordialità e franchezza». Molti soloni sono scesi in campo sdottoreggiando e ordinando al Papa di chiedere scusa – in effetti «frociaggine» non è un termine elegante – e mostrando tutta la (ignorante) meraviglia per la posizione di rifiuto di Bergoglio e della Chiesa all’ammissione in Seminario degli omosessuali. Dimenticando che questa è da sempre la posizione della Chiesa, ribadita dall’«Istruzione» del dicastero vaticano per il Clero del 2005 sotto il pontificato di Benedetto XVI. In quel documento di vent’anni fa si legge: «La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al Seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay».
La posizione è stata confermata nel 2016 da Papa Francesco. L’argomento non è nuovo neanche in ambito Cei, con i vescovi che stanno rivedendo la «ratio formativa» dei Seminari stessi e ne hanno già parlato nei dialoghi a porte chiuse con Francesco. Nel 2018 l’allora cardinale presidente Gualtiero Bassetti fece intendere di non essere favorevole, anche sulla base della sua lunga esperienza di educatore in Seminario a Firenze, e riferì le raccomandazioni del Papa per una oculata scelta dei candidati al sacerdozio. Niente di nuovo, quindi. Al di là della parola colorita usata, ciò che interessa al Papa e ai vescovi è ordinare sacerdoti capaci di essere «pastori con l’odore delle pecore». Un documento del 1961 parlava di «perversa inclinazione all’omosessualità» e un altro del 1990 invitava a «scartare dalla vita religiosa quelle e quelli che non padroneggiano le tendenze omosessuali». Gli improvvisati maestri dimenticano anche un documento di pochi mesi fa: è «Fiducia supplicans» la dichiarazione del Dicastero per la dottrina della fede pubblicata il 18 dicembre 2023, a firma del segretario Armando Matteo e del prefetto cardinale Victor Manuel Fernández. La «dichiarazione» riguarda la possibilità di benedire coppie omosessuali e altri tipi di coppie non regolari secondo la dottrina cattolica. Tale possibilità è dichiarata lecita, ma si ribadisce che la benedizione non è da intendersi «un’approvazione delle situazioni irregolari, permanendo immutato l’insegnamento della Chiesa circa la sessualità e il matrimonio». Documento fermamente e fortemente voluto da Bergoglio, nonostante l’opposizione di alcuni vescovi e cardinali e di alcune Conferenze episcopali, come qualcuna africana che hanno dichiarato «non applicabile» il testo. Ora, se il Papa emette un documento simile sapendo di alcuni pastori non sono d’accordo, come si fa dire che «Francesco bacchetta, maltratta, strapazza gli omosessuali»?