Nell’accelerato cambiamento epocale che stiamo attraversando, la naturale insoddisfazione dell’io per i “limiti” che lo contraddistinguono si unisce al desiderio di continua trasformazione dell’uomo e della sua natura, per contenere tutto ciò che lo limita ed estendere il più possibile i suoi confini. In tal senso, il postumanesimo, attingendo e accomunando approcci filosofici diversi, concepisce l’uomo come una realtà in perenne evoluzione che, specialmente attraverso il potere della tecnica, può essere continuamente modificato per “oltrepassare” i propri confini e approdare, ogni volta, a una nuova fase, sganciata dalla fase precedenti e dai suoi limiti umani e capace di espandere il proprio dominio sulla natura e sulla vita stessa. Così, il postumanesimo si presenta come una rievocazione del mito prometeico e un ritorno della vecchia eresia gnostica, che crede di poter dominare tutti gli aspetti della vita e della condizione umana attraverso il potere della conoscenza, specialmente quella tecnico-scientifica, di volta in volta sostituendo quello che è l’umano dell’uomo con qualcosa di nuovo. Tale realtà, con i rischi e le domande che pone, interpella la fede cristiana, la riflessione teologica, i linguaggi dell’evangelizzazione e la stessa vita pastorale, intercettando le questioni fondamentali che riguardano l’uomo, tra cui la relazione con il corpo, la questione della salvezza, la consistenza etico-morale della coscienza dell’io e altre ancora.
La filosofia postumanista e le istanze del transumanesimo perseguono e generano una nuova concezione dell’umano, che non viene visto più come una realtà a se stante, in qualche modo già data, ma come una realtà aperta, mutevole, sempre perfezionabile attraverso le trasformazioni operate dalla tecnica, dalla scienza, dalla robotica. Ciò provoca un radicale cambiamento antropologico, cioè un modo nuovo di interpretare l’uomo, la sua natura, i suoi bisogni e le insopprimibili domande di salvezza che si porta dentro. In questa nuova visione antropologica sono messe in questione quelle realtà di cui la teologia, a partire dalla rivelazione di Dio in Cristo, non può fare a meno di approfondire.
L’insoddisfazione permanente dell’io per i propri limiti umani e culturali che tengono a freno le sue potenzialità è un punto di partenza dei diversi approcci filosofici che possono riferirsi al postumanesimo e al transumanesimo. Tale visione, soprattutto attraverso le intelligenze artificiali, tende a perseguire il desiderio di infinito oltre i limiti del corpo e di “estensione” della vita oltre le barriere della morte, incarnando così una ricerca di salvezza e un’idea di immortalità che spesso somiglia a una “reincarnazione in forma digitale”. Allo stesso tempo, il mistero pasquale è al centro della fede cristiana e, la riflessione credente, con tutto ciò che si riferisce anche all’agire ecclesiale e pastorale e alla predicazione cristiana, si riferisce alla salvezza, al tema della morte e alla vita eterna. Un confronto, allora, appare necessario, specialmente considerando che la visione postumana coinvolge indirettamente anche molti destinatari del nostro annuncio, la cui ricerca di salvezza spesso indulge a forme di spiritualità intra-mondane o esoteriche, si affida ciecamente e acriticamente al potere della scienza e della tecnica, si lascia catturare da varie teorie sull’aldilà, senza riuscire a cogliere gli aspetti determinanti della risurrezione di il cuore della dottrina cristiana sulla redenzione.
L’intelligenza artificiale non persegue uno scopo preciso e delimitato, ma si pone l’obiettivo di fornire all’uomo un qualsiasi aiuto utile a fargli superare i propri limiti, di qualunque natura essi siano. Così, le intelligenze artificiali sono rappresentate da una serie di nuove “macchine” che danno vita a numerose invenzioni innovative, con lo scopo di semplificare, aiutare, modificare, ampliare le possibilità umane. Tutto ciò, però, ha numerosi risvolti specialmente quando si pensa che le intelligenze artificiali possano sostituire la decisione dell’uomo, la sua libertà, le implicazioni della sua coscienza morale, fino a provocare forme di vita dis-umane o ingiustizie e disuguaglianze globali. L’atteggiamento della paura, naturalmente, non frenerà il processo e, anzi, evitando di comprenderlo e di interpretarlo, rischierà di lasciarlo dilagare senza confini; occorre allora valutare se e in che senso, l’intelligenza artificiale possa rappresentare una risorsa, un’occasione, una sfida anche per la pastorale e per l’evangelizzazione.
Il postumanesimo tendenzialmente non vede il corpo come l’espressione della persona e della sua identitàà, ma come un contenitore il cui contenuto può essere continuamente modificato o “esteso”, specialmente grazie alla scienza medica e alla tecnologia. Il soggetto, allora, non ha un’identità definita, ma è una realtà aperta fatta da un insieme di elementi in relazione tra loro e soggetti a continua mutevolezza. Ciò non è +senza implicanti etiche e morali, riguardanti sia la interpretazione cristiana del corpo umano e delle relazioni, che riguardo alla coscienza e all’io morale della persona.
In questi anni anche il cinema si è fatto interprete, con numerosi film, in alcuni casi catastrofici e in pochi profetici, della filosofia postumanista e di macchine sempre più evolute.
In questo numero, contributi di Giuseppe Zeppegno, Marco Staffolani, Massimo Naro, Luca Peyron, Maurizio Pietro Faggioni, Fortunato Ammendolia
L’introduzione è a cura di Francesco Cosentino, vicedirettore di Orientamenti pastorali