«La società mondiale sta perdendo il cuore a causa di un individualismo malsano». Ne è convinto Papa Francesco che dedica la sua quarta enciclica Dilexit nos all’amore umano e divino del cuore di Gesù. «Tutto si gioca nel cuore» è la tesi controcorrente: «In una società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia. L’algoritmo è “standard”, il cuore no». In ultima analisi, «io sono il mio cuore, il solo capace di unificare e armonizzare la storia personale, che sembra frammentata in mille pezzi, ma dove tutto può avere un senso». Invece «l’anti-cuore è una società sempre più dominata dal narcisismo e dall’autoreferenzialità. Nell’era dell’intelligenza artificiale non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore» e qui l’uomo-Bergoglio cita gesti quotidiani appresi nell’infanzia, come l’uso della forchetta per sigillare i bordi dei panzerotti fatti in casa dalle mamme o dalle nonne. Dilexit nos. Sull’amore umano e divino del Cuore di Gesù Cristo è pubblicata il 24 ottobre 2024 durante le celebrazioni, che si chiuderanno il 27 giugno 2025, per il 350° della prima manifestazione del Sacro Cuore di Gesù nel 1673 a santa Margherita Maria Alacoque. «Ci ha amati» (Rom 8,37) e nulla «potrà mai separarci» (8,39): «Il suo cuore aperto ci precede e ci aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci amare e per offrirci la sua amicizia: ci ha amati per primo e grazie a lui abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio ha in noi» (1Gv 4,16). In una breve introduzione e 5 capitoli, l’enciclica raccoglie «le preziose riflessioni del magistero e di una lunga storia per riproporre alla Chiesa questo culto carico di bellezza spirituale». Il testo «permette di scoprire che quanto è scritto nelle encicliche sociali Laudato si’ e Fratelli tutti non è estraneo all’incontro con l’amore di Cristo perché, abbeverandoci a questo amore, diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura della nostra casa comune». Così l’arcivescovo teologo Bruno Forte sintetizza il «filo rosso» tra l’enciclica e il magistero precedente.
Invita a «ritornare al cuore in una società sconvolta dalle guerre»
«Quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore. Vedendo come si susseguono nuove guerre, con la complicità, la tolleranza o l’indifferenza di altri Paesi, viene da pensare che la società mondiale stia perdendo il cuore. Basta guardare e ascoltare le donne anziane prigioniere di questi conflitti devastanti: è straziante vederle piangere i nipoti uccisi, o sentirle augurarsi la morte per aver perso la casa dove hanno sempre vissuto. Scaricare la colpa sugli altri non risolve questo dramma vergognoso». Di fronte ai drammi del mondo Bergoglio chiede «compassione per questa terra ferita affinché il nostro mondo – che sopravvive tra guerre, squilibri socioeconomici, consumismo e l’uso anti umano della tecnologia – recuperi ciò che è importante e necessario: il cuore umano».
La secolarizzazione «aspira a un mondo libero da Dio»
«A ciò si aggiunge che si moltiplicano forme di religiosità senza riferimento a un rapporto personale con un Dio d’amore: sono nuove manifestazioni di una spiritualità senza carne». La devozione al Sacro Cuore di Gesù «ci libera da un altro dualismo: quello di comunità e pastori concentrati solo su attività esterne, riforme strutturali prive di vangelo, organizzazioni ossessive, progetti mondani, riflessioni secolarizzate, su varie proposte presentate come requisiti che a volte si pretende di imporre a tutti». Invece l’amore per i fratelli «è come un carburante che alimenta la nostra amicizia con Gesù». Non è un magistero schiacciato sul sociale, come spesso è maldestramente inteso. Ogni tanto sbotta: «Mi dicono comunista perché seguo il vangelo», come dicevano un tempo personaggi come Michele Pellegrino o Hélder Pessõa Câmara.
Il Cuore di Gesù fonte di riconciliazione tra gli uomini
Più di ogni altra cosa Francesco ricorda che la devozione al Cuore di Gesù è essenziale alla vita cristiana: «Il Sacro Cuore è una sintesi del vangelo. Anche la Chiesa ha bisogno di questo sacratissimo Cuore, per non sostituire l’amore di Cristo con strutture caduche, ossessioni di altri tempi, adorazione della propria mentalità, fanatismi di ogni genere che finiscono per prendere il posto dell’amore gratuito di Dio che libera e vivifica». Allora «recuperare la devozione al Sacro Cuore è qualcosa di importante e bello – aggiunge l’arcivescovo Forte – e il papa, parlando del Sacro Cuore «ci ha messo il cuore, ha messo sé stesso».
L’enciclica si riferisce a una storia antica e al culto di molti santi
Da Margherita Maria Alacoque a Francesco di Sales, da Teresa di Lisieux a Ignazio di Loyola, da Faustina Kowalska a Charles de Foucauld, a John Henry Newman, pensatore e cardinale inglese che aveva assunto come motto «Cor ad cor loquitur» e nel suo stemma aveva messo tre cuori rossi, in riferimento alla Santissima Trinità che dialoga «cuore a cuore». Cita i pontefici devoti al Sacro Cuore, da Leone XIII a Pio XI, da Pio XII (enciclica Haurietis aquas, 1956) a Giovanni Paolo II che presenta la devozione come «risposta alla crescita di forme di spiritualità rigoriste e disincarnate che dimenticano la misericordia del Signore».
Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore