Denis S. Kulandaisamy – docente alla Pontificia Facoltà Teologica «Marianum», Roma
Maria è un soggetto che interessa tutti i credenti in Cristo, in quanto è la madre di Cristo e la nostra madre. Ella ci invita a credere nelle parole del suo Figlio e metterle in pratica. Nella sacra Scrittura, Maria è descritta come la vergine, donna umile e povera, discepola attenta, vigile custode di ogni gesto e parola che riguardano a Gesù. Donna di preghiera nel Cenacolo con la Chiesa primitiva.
Quando si parla di Maria nella Bibbia, si ha l’impressione che la sacra Scrittura non sia generosa di notizie nei suoi confronti. Essa infatti – a differenza della letteratura apocrifa e devozionale – non si interessa direttamente della biografia e della vicenda particolare della madre di Gesù, ma del suo ruolo e significato all’interno del disegno salvifico. Maria, per la sua intima partecipazione nella storia della salvezza, deve essere studiata in tutta la Bibbia, non solo nei brani espliciti, ma anche nei brani dell’Antico Testamento, dove la madre del redentore è adombrata.
Se vogliamo conoscere il vero volto di Maria, il primo passo fondamentale e inevitabile è quello di approfondire i brani biblici che parlano di lei. La sacra Scrittura è la parola divinamente rivelata e ispirata sotto la guida dello Spirito Santo. La verità contenuta nella Bibbia si fonda su questo elemento della rivelazione divina. Perciò i testi mariani della Bibbia sono i punti di riferimento affidabili.
Anche i padri della Chiesa hanno fatto un cammino di scoperta della verità biblica su Maria e ci hanno tramandato gli elementi che costituiscono la teologia mariana nella tradizione della Chiesa, quali: l’antitesi Eva-Maria, la divina maternità, la perpetua verginità, la santità eccelsa, l’intercessione potente, la partecipazione nella regalità di Cristo, etc. La tradizione della Chiesa ha attinto a fonti bibliche per celebrare nella liturgia gli eventi centrali della sua vita.
Maria è vista come punto di divisione tra le varie confessioni cristiane. Maria non divide. Sono i suoi figli che si dividono a motivo di lei. Noi ci dividiamo tante volte nei suoi confronti. Per il dialogo ecumenico tra le varie chiese su Maria, madre di Gesù, è doveroso ritornare alla Bibbia. La Bibbia dovrebbe essere il nostro primo punto di riferimento per una mariologia ecumenica. La sacra Scrittura non è certamente la fonte esclusiva della rivelazione divina, ma è la fonte principe.
Come leggere i brani mariani?
Leggere la sacra Scrittura come si deve non è una cosa facile. Esistono vari modi di lettura. E questa varietà è un’autentica ricchezza. L’ermeneutica biblica è diventata un’arte e una scienza molto importante tra i cultori della Bibbia. Negli ultimi 40 anni, non sono pochi gli esegetici cattolici che hanno impegnato le loro competenze per promuovere lo studio e la conoscenza della mariologia biblica. In mariologia può avere feconde applicazioni il principio della «unità di tutta la Scrittura», considerata quindi come un unico libro, perché uno ne è, in definitiva, l’autore, uno il popolo a cui è rivolto, unico lo scopo che si prefigge; questo principio consente, ad esempio, di collegare in modo non arbitrario la donna di Genesi 3,15 con la donna di Apocalisse 12,1; come pure invita a rilevare la continuità della “benedizione” di cui sono oggetto le donne che hanno avuto una missione liberatrice in Israele: Giaele (cf. Gdc 5,24), Giuditta (cf. Gdt 15,9.10), Maria di Nazaret (cf. Lc 1,42). Sarebbe conveniente non ripetere a ogni momento, quasi come un ritornello, che la sacra Scrittura parla poco della madre del Signore; a questo riguardo Giovanni Paolo II ha già rilevato che «la beata vergine è […] dopo l’apostolo Pietro e dopo il precursore Giovanni, il personaggio più citato nei vangeli canonici».[1] Nella testimonianza evangelica sulla vergine Maria è da considerare, più che la quantità, la qualità delle pericopi; la narrazione dell’annunciazione (Lc 1,26-38), della visitazione (Lc 1,39-56), della nozze di Cana (Gv 2,1-12), dell’affidamento reciproco del discepolo alla madre e della madre al discepolo (Gv 19,25-27) sono tra le pagine più alte e dense dei vangeli».
Maria nell’Antico Testamento?
Maria nell’Antico Testamento: è legittima la domanda? Prima di rispondere, voglio fare una premessa. Gli evangelisti, quando raccontano l’identità di Gesù Cristo e la sua missione salvifica, fanno ricorso anche alle Scritture dell’Antico Testamento. Come l’identità di Gesù fu compresa nella prima comunità cristiana, partendo dall’Antico Testamento, così bisogna capire la vera identità di Maria, senza trascurare l’Antico Testamento.
Quali sono i brani dell’Antico Testamento, dove Maria è implicitamente preannunciata o adombrata? In che modo l’Antico Testamento ci aiuta a capire l’identità del madre del salvatore? Diverse donne, che gli autori dell’Antico Testamento descrivono, prefigurano Maria. Per esempio Sara, moglie di Abramo (Gen 16,1-2; 17,3-8.15-19; 18,10-14; 21,1-7), Anna, moglie di Elkana, sono donne sterili che concepiscono per opera di Yahvé. Nel Magnificat, l’evangelista Luca mette in relazione col mistero di Maria l’inno di gratitudine pronunciato da Anna (1Sam 2,1-10). In questi, e anche in altri casi in cui Yahvé interviene nella storia della salvezza dell’Israele, queste donne rispecchiano la vocazione di Maria.
Brani come Gen 3,15; Is 7,14 e Mic 5,2, sono molto importanti per capire meglio la vocazione di Maria come la madre del redentore. L’evangelista Matteo richiama il testo Is 7,14 e fa capire ai suoi lettori la verginità di Maria. Inoltre, abbiamo tre libri dell’Antico Testamento (Rut, Ester e Giuditta), che presentano casi di vocazioni femminili, che partecipano in maniera diversa al piano salvifico di Dio nella storia d’Israele. Queste tre donne sono mediatrici tra Dio e il popolo d’Israele. Esse sono figure remote di Maria, che fu chiamata a portare a termine il disegno di Dio per la salvezza dell’umanità. Nei momenti di pericolo del popolo, Dio sceglie queste donne per salvare la vita di queste persone. Queste figure femminili annunziano e definiscano la missione di Maria.
Maria nel Nuovo Testamento
Ormai conosciamo quasi tutti a memoria i brani mariani neo-testamentari, perché li abbiamo letti o ascoltato diversissime volte. Ora non vogliamo, e neanche possiamo, approfondire questi brani mariani dal punto di visto esegetico-teologico. Vogliamo semplicemente accennare loro, offrire una chiave di lettura e presentare in breve il loro messaggio spirituale per noi oggi.
Molti contestano l’assenza della figura della madre di Gesù nel corpo paolino. Nell’antico inno cristologico di Filippesi (2,7), troviamo un accenno indiretto alla madre di Gesù: il gesto del Figlio di Dio, che assume la condizione umana, avviene mediante la nascita da una donna, che si dichiara «serva» del Signore. L’obbedienza di Gesù al Padre e l’obbedienza di Maria avvengono nello stesso evento dell’incarnazione. Il testo mariano più antico del Nuovo Testamento è Gal 4,4: «Ma quando venne la pienezza del tempo Dio mandò il suo Figlio nato da donna, nato sotto la legge». A prima vista, questo versetto sembrerebbe di riferire alla madre di Gesù in maniera indiretta e superficiale. Quando però si colloca il testo nel suo contesto e se ne fa un’attenta analisi esegetico-teologico, si capisce che esso contiene «una mariologia in germe».
L’evangelista Marco si riferisce a Maria nei due testi: 3,31-35 e 6,3. Questi due brani parlano della famiglia di Gesù. L’espressione «fratelli di Gesù» del vangelo di Marco, suscita diversi problemi. Per esempio, i protestanti dicono che se Gesù aveva i fratelli, non possiamo credere che Maria fu rimasta vergine dopo il parto. La verginità di Maria viene messa in questione. Un altro problema posto è: se Gesù stesso ha respinto Maria dicendo «Chi è mia madre», perché dobbiamo noi dare importanza a Maria? Queste domande sono superficiali. La parola adelphoi, usata dall’evangelista, non significa necessariamente i fratelli di sangue di Gesù, ma, nel linguaggio semitico, significa i cugini di Gesù. Per quanto riguarda la domanda «chi è mia madre? Chi sono i miei fratelli?», Gesù non respinge per niente sua madre, anzi non vuole limitare la sua relazione con lei a livello biologico, ma la mette ancora a un livello superiore, cioè presenta la sua madre come colei che ha ascoltato per prima la parola di Dio e l’ha messa in pratica nella sua collaborazione con Dio per la salvezza del mondo.
I primi capitoli di Matteo e i primi due capitoli di Luca sono molto importanti per capire la vera identità e la missione di Maria, la madre di Gesù. Solo questi evangelisti parlano dell’infanzia di Gesù, perciò vengono chiamati «vangeli dell’infanzia». Matteo comincia il suo vangelo con la genealogia. Maria viene messa in relazione con le quattro donne nell’elenco della genealogia, e fa vedere come Maria abbia concepito Gesù per l’opera dello Spirito Santo. Richiamando Is 7,14, Matteo mette in rilievo la verginità di Maria. Nel racconto matteano dell’infanzia di Gesù, Maria è una donna obbediente, tace ed esegue gli ordini del Padre celeste. La parte narrativa del secondo capitolo, l’adorazione dei magi, ci danno una chiara immagine di Maria come la regina, perché il suo figlio Gesù è adorato come il Re, che salverà tutta l’umanità (Mt 2,1).
Tra i sinottici, Luca è l’evangelista che offre una visione più storica e dettagliata della vita di Maria in riferimento all’infanzia di Gesù nei primi due capitoli del suo vangelo: annunciazione, visitazione, Magnificat, la nascita di Gesù, presentazione di Gesù nel tempio, annunzio profetico dei dolori di Maria, Gesù adolescente ritrovato nel tempio di Gerusalemme. Luca parla di Maria anche negli Atti degli Apostoli (1,14). Maria prega con gli apostoli nel cenacolo. Si potrebbero scrivere pagine su pagine sull’immagine di Maria negli scritti lucani. Lavori già fatti da altri.
Giovanni non scrive mai il nome di Maria nel suo Vangelo. La chiama sempre con l’espressione «madre di Gesù». I due brani mariani del quarto vangelo sono: il primo segno di Gesù alle nozze di Cana (2,1-12) e Maria i piedi della croce sul calvario (19,25-27). Gesù in questi brani chiama la sua madre «donna», cosa questa che fa eco alla donna di Gen 3,15 e a quella dell’Apocalisse 12.
La teologia mariana dell’evangelista Giovanni è molto ricca e densa. Alcuni esegeti interpretano la «donna» dell’Apocalisse come la Chiesa perseguitata dell’Asia minore, e altri esegeti vedono l’immagine di Maria in questa «donna». Tutte e due queste interpretazioni (ecclesiologia e mariologica) non sono esclusive o incompatibili, ma sono complementari: una interpretazione arricchisce l’altra.
Alcuni esegeti dicono che Gv 1,13, letto con il verbo al singolare («è stato generato», non «sono stati generati»), allude alla concezione verginale e parto-verginale di Gesù, in conseguenza alla verginità di Maria. Tutti i manoscritti antichi leggono questo versetto al plurale, cioè riferiscono alla nascita battesimale dei credenti. Però la testimonianza di alcuni padri della Chiesa (latini e orientali), per la lettura del versetto al singolare, sono più antichi dei manoscritti che abbiamo noi oggi. La questione della critica testuale di questo verbo è ancora aperta alla discussione.
Concludendo, possiamo dire che la sacra Scrittura ci offre la più affidabile testimonianza sulla persona e missione di Maria, la madre di Gesù. Si dice che l’ignoranza delle Scritture è l’ignoranza di Cristo. Questo vuol dire che l’ignoranza di Scrittura è anche l’ignoranza di Maria. Leggiamo allora la Bibbia con reverenza e devozione, ma con metodi appropriati. Così potremmo conoscere meglio Maria, e seguirne le orme, nel compiere la volontà di Dio.
[1] Cf. Acta apostolicae sedis 81[1989], 774.