“I giovani in ogni contesto sociale, anche nella Chiesa, sono la componente più innovativa. La Chiesa non può fare a meno dei giovani perché non può fare a meno della componente che la spinge verso il futuro, così come la società”. Lo ha affermato questa mattina Paola Bignardi, pedagogista, già presidente dell’Azione Cattolica italiana, intervenendo ad Assisi alla 68ª Settimana di aggiornamento pastorale promossa dal Centro di orientamento pastorale. Parlando della “domanda religiosa dei giovani oggi”, Bignardi ha notato che “se la componente giovanile è quella che spinge la Chiesa verso il futuro, il compito di chi è educatore è quello dell’ascolto del futuro che si annuncia nelle nuove generazioni, condizione per non invecchiare”. La pedagogista ha invitato a prendere coscienza della “profondità dei cambiamenti in atto nella società. È troppo poco dire che sono solo culturali, sono antropologici”. Bignardi ha fornito uno spaccato della domanda religiosa dei giovani, così come emerso dalle interviste a 150 giovani battezzati e 200 educatori. E ha parlato dell’“inquietudine dei giovani con cui si pongono di fronte alla vita”, sottolineando che è comprensibile che “alle volte i giovani hanno paura a confrontarsi su questi temi”. In loro “aumenta il senso di solitudine” e “la percezione di essere confusi, disorientati, disillusi fa parte del panorama interiore dei giovani, del loro disagio interiore”. Denunciano che “mancano i modelli con cui confrontarsi. Abbiamo bisogno di guide e di modelli, da vedere, da toccare…”. “Il problema dei nostri giorni è una tristezza di fondo, una insoddisfazione inespressa”, ha detto citando una delle testimonianze raccolte nell’indagine. E “la scarsità di risposte di senso esaspera le domande di senso”.
“È importante che sia il Sinodo dei vescovi sui giovani e mi auguro che sappiano prendere qualche decisione che riguardi la Chiesa, non i giovani. Che riguardi una Chiesa che possa essere interlocutrice significativa per il mondo giovanile di oggi”. È l’auspicio espresso questa mattina da Paola Bignardi, pedagogista, già presidente dell’Azione Cattolica italiana, al termine del suo intervento ad Assisi alla 68ª Settimana di aggiornamento pastorale promossa dal Centro di orientamento pastorale. Oggi “c’è una Chiesa che aspetta che i giovani entrino che è diverso dal dire che c’è una Chiesa capace di riconoscere i segni dei tempi che i giovani potrebbero rappresentare. I giovani – ha notato – sono uno dei segni del nostro tempo che chiede alla Chiesa dei cambiamenti molto profondi non solo nei suoi metodi ma anche sulla reinterpretazione di ciò in cui crede”.
Nella sua relazione, la pedagogista ha evidenziato che “quando comincia la stagione delle domande di senso, i giovani hanno già tagliato i ponti con la comunità ecclesiale. Quindi le domande di fondo le affrontano da soli” così come “la formazione religiosa i giovani la affrontano in una condizione di isolamento, di mancanza di dialogo”. Per i giovani, “in questa solitudine – ha notato – emerge una figura di Dio molto individuale, lo pensano dentro la relazione che hanno con Lui”. Secondo Bignardi, “per molti giovani la questione religiosa è come brace sotto la cenere, non sono una generazione incredula”. E rispetto alla domanda “A che cosa è servito il catechismo?”, ha rilevato come questo “ha dato ai giovani un bagaglio di conoscenze e di prospettive, a cui attingono al bisogno e in modo soggettivo” ma da quella esperienza “non hanno ricevuto una comunità. Hanno ricevuto informazioni non legate in un’esperienza di comunità”. E quando “è ripartita una ricerca di fede” questo è avvenuto “quando il giovane ha incontrato persone interessanti e interessate a lui”. “La domanda religiosa – ha proseguito – non solo è presente nei giovani ma è una chance in questo momento. Le loro critiche, il loro modo ruvido di contestare più o meno esplicitamente il mondo religioso è il segno di una ricerca di una fede che, certo, non è quella che hanno trasmesso loro genitori o nonni ma trova radici nella vita e nelle domande personali”.
Bignardi ha anche sottolineato che “la questione della fede dei giovani riguarda tutta la comunità cristiana ed è la questione del futuro delle comunità, della loro qualità”. E ha suggerito un esame di coscienza sulla “qualità umana delle nostre comunità”. Si tratta di “accogliere e accompagnare la generazione giovanile di oggi” anche con una “pastorale meno strutturata, ma più flessibile”. Di fronte “alla crisi di valori umani che va al di là della politica”, “alla crisi di umanità”, per Bignardi “l’educazione e il Vangelo diventano l’annuncio di un modo diverso di interpretare la nostra umanità. In un tempo di crisi così profonda delle relazioni tra le persone, la testimonianza della comunità cristiana è quella di rendere più radicale l’esperienza di fraternità che si vive”.
Fonte: SIR