Questo argomento contiene 2 risposte, ha 3 partecipanti, ed è stato aggiornato da Gruppo giovani della Parrocchia San Costanzo Vescovo e San Tommaso d'Aquino 5 anni, 6 mesi fa.
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1 Aprile 2019 alle 0:00#1341
#LIBERTÀ #PERDONO (#GIUSTIZIA)
Grazie per aver cliccato su questo laboratorio, e per il desiderio di camminare sulle orme della Chiesa di Sora – Cassino – Aquino – Pontecorvo. E’ opportuno dare una prima risposta alla seguente traccia e poi iniziare a dialogare con altri gruppi, e partecipanti a questo laboratorio, pensato da Suor Antonella Piccirilli e Fortunato Ammendolia, dopo la puntata in diretta video streaming di venerdì 22 marzo 2019, del programma #ParlaGiovane.
Il messaggio
Gesù narra la vicenda di una famiglia che, come tutte le famiglie, non è ideale, non è esente dalle sofferenze e dall’“irregolarità” dei rapporti. Essa è composta da un padre (manca però la madre: è morta, o forse assente?) e da due figli, nati e cresciuti nello stesso ambiente eppure capaci di due esiti formalmente diversi, agli antipodi: in realtà, però, entrambi sono accomunati dalla non conoscenza del padre e dalla volontà di negarlo. Ma si badi bene: il padre di questa parabola appare fin dall’inizio altro rispetto ai padri terreni, perché alla richiesta del figlio minore di ricevere in anticipo l’eredità, risponde lasciandolo fare, senza ammonirlo, senza contraddirlo, senza metterlo in guardia. Siamo dunque subito portati a vedere in questo padre il Padre, cioè Dio stesso, l’unico che ci lascia liberi di fronte al male che vogliamo compiere, che non ci ferma ma tace, lasciandoci allontanare da sé. Perché? Perché Dio rispetta la nostra autonomia e la nostra libertà. Ci ha dato l’educazione attraverso la Legge e i Profeti, ma poi ci lascia liberi di decidere come vogliamo.
Il figlio minore se ne va, ma presto dissipa tutto in feste con amici, giochi, prostitute, rimanendo così senza soldi, fino a doversi mettere a lavorare per sopravvivere. Così “cominciò a trovarsi nel bisogno” … . È così, noi abbiamo bisogno dell’altro, e quando gli altri scompaiono dal nostro orizzonte siamo desolati e andiamo verso la morte. A partire dall’esperienza di questa condizione uguale a quella degli animali, il nostro ragazzo comincia a rialzarsi. Non è uno che si converte, ma in lui c’è ormai il desiderio di dire “basta” a quell’esilio da casa, a quella condizione di fame e degradazione. Pensa allora a come poter tornare indietro, convincendo il padre a dargli da mangiare: farà il servo in casa e così si assicurerà il vitto; meglio a casa da servo, che qui da maiale… Ritorna, dunque, imparando a memoria la scena da recitare al padre, per placare la sua collera, la sua giusta ira.
Invece il padre lo abbraccia e lo bacia. Si noti che il padre non si preoccupa se il figlio manifesta un vero pentimento, una vera contrizione. Non lo lascia parlare, lo abbraccia stretto, gli impedisce gesti penitenziali ed espiatori, e così gli mostra il suo perdono gratuito. Proprio come aveva profetizzato Osea: Dio continua ad amare il suo popolo mentre questi si prostituisce, e, appena può, lo riabbraccia e lo riprende (cf. Os 1,2; 11,8-9).
Per il fratello maggiore resta il compito di non dire più al padre: “questo tuo figlio”, bensì: “questo mio fratello”. È un compito che ci attende tutti, ogni giorno. Affermare che l’uomo è figlio di Dio è facile, e tutti gli uomini religiosi lo fanno, perché hanno cara la teologia ortodossa. È invece più faticoso dire che l’uomo è “mio fratello”, ma è esattamente questo il compito che ci attende. Dio, il Padre, resta fuori dalla festa, accanto a ciascuno di noi, e ci prega: “Di’ che l’uomo è tuo fratello, e allora potremo entrare e fare festa insieme”.
Enzo Bianchi, L’amore frustrato del Padre, Commento al vangelo della IV domenica di Quaresima C, 2016
I contenuti digitali
Fiorella Mannoia – Il peso del coraggio – 2019
La questione
La parabola che è risuonata nel Vangelo della IV domenica di Quaresima del 2019 è nota ai più.
Qui si vuole andare più in profondità anzitutto sulle parole. In un confronto con un sacerdote, lascia emergere le differenze interpretative di queste parole:
- libertà
- perdono
- giustizia.
Nella tua comunità – civile e religiosa – c’è stato qualche evento che rimanda a questa parabola, ad una misericordia applicata che non si scontra con la giustizia, e che ridona dignità umana? Narralo. Oppure pensi che la tua comunità sia ben lontana dall’atteggiamento del Padre, centrata sull’atteggiamento del figlio maggiore?
L’uomo accusa i suoi peccati e Dio perdona. È una questione tra la persona e Dio, o questione di necessità sacramentale (Riconciliazione)? Perché?
Il metodo di lavoro
Si consiglia di far proprio lo spirito dell’invito rivolto da papa Francesco ai Padri in apertura dei lavori sinodali, nel fruire dei contenuti proposti in questo laboratorio: «durante i lavori, in assemblea plenaria e nei gruppi, ogni 5 interventi si osservi un momento di silenzio circa tre minuti per permettere ad ognuno di prestare attenzione alle risonanze che le cose ascoltate suscitano nel suo cuore, per andare in profondità e cogliere ciò che colpisce di più». Sarà il moderatore a definire quando osservare il silenzio di circa tre minuti per l’interiorizzazione.
La risposta
Invitiamo a postare una risposta che tenga conto delle “differenze” di pensiero, con i linguaggi della cultura “digitale” che riterrete opportuni. Potrete anche suggerire altri contenuti “digitali” per la riflessione: di certo, risulteranno utili agli altri utilizzatori della piattaforma, e permetteranno a generazioni diverse di conoscersi meglio.
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13 Maggio 2019 alle 20:22#1350Responsabile Laico del Servizio di Pastorale Giovanile - Diocesi Sora Cassino Aquino PontecorvoPartecipante
Ragazzi, diciamoci la verità, quanti nella storia s’identificano nel figlio minore?
Pochi vero? Siamo tutti il figlio maggiore, quello “bravo”, quello che è rimasto a casa e allora in questa parabola dove ci poniamo? Dalla parte della libertà, della giustizia, del perdono?Parole e concetti che sembrano antagoniste tra loro, ma che Dio riesce ad armonizzare, avete idea di come possiamo farlo anche noi? Avanti con qualche idea.
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15 Maggio 2019 alle 9:42#1351
A volte leggendo e rileggendo una parabola, dove spesso sappiamo già il finale ancor prima di leggere la parola fine, ci sembra facile identificarci in uno dei protagonisti, senza riflettere sulla vera posizione che poi ricopriamo nella vita reale.Con questo “racconto” di Gesù, ci viene mostrato cosa davvero siamo, un colpevole pentito o un giudice severo(ma giusto…cit.).
Nell’attività con i nostri giovanissimi abbiamo deciso di fare un piccolo gioco: VangelsNatch, che potete fare anche voi da questo link(https://forms.gle/B7LcQzdrvZ7nD2qp6).In particolare ci siamo messi davanti a delle scelte per capire,in modo anonimo, chi pensiamo di essere e chi davvero potremmo diventare. Non pensiate che ci siano stati risultati scontati: abbiamo avuto una maggioranza di figli maggiori, ma c’è stata una piccola parte che, sincera con se stessa, ha creduto bene di sentirsi il fratello viaggiatore. Non ci sono stati giudizi alla fine ma solo una riflessione: siamo davvero capaci di perdonare se ci viene fatto un torto? siamo disposti a chiedere scusa se sbagliamo?.
Il Papa in questo contesto ci ha dato una mano: “I due fratelli non parlano fra di loro, vivono storie differenti, ma ragionano entrambi secondo una logica estranea a Gesù: se fai bene ricevi un premio, se fai male vieni punito; e questa non è la logica di Gesù”. Non siamo su questa Terra solo per guadagnare il paradiso facendo del bene, anche il figlio maggiore ha bisogno di misericordia; così come i giusti, quelli che si credono giusti, come noi quando ci domandiamo se valga la pena faticare tanto se poi non riceviamo nulla in cambio. Nella casa del Padre non si rimane per avere un compenso, ma perché si ha la dignità di figli corresponsabili. Non si tratta di “barattare” con Dio, ma di stare alla sequela di Gesù che ha donato sé stesso sulla croce senza misura. Non ci viene negata la libertà, non ci viene imposto di giudicare, ma ci viene chiesto di perdonare. -
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