Domenico SIGALINI – presidente del COP
Dedichiamo questa newsletter alla presenza corresponsabile della donna nella vita della Chiesa. La nostra rivista Orientamenti Pastorali ha pubblicato nel n. 10 del 2020 un dossier di cui vi diamo alcune parti degli articoli, fatti da specialisti, tra cui le stesse donne, per invitarvi ad andarli a leggere, per crescere come cristiani su questo tema. È un contributo sostanzioso alla Festa della Donna dell’8 marzo.
La convinzione ancora molto diffusa nel nostro mondo non solo maschile è che la donna è inferiore all’uomo, che deve essergli sottomessa. È l’uomo responsabile della donna e varie altre espressioni che stentano a sparire (dalle parole, forse sì, dalla mentalità invece, no) anche perché all’uomo e a qualche prete fanno proprio comodo. Ma la cosa che mi interessa di più è che siamo ancora abituati a dare a questo modo di pensare l’avvallo della Bibbia. Pur non essendo un biblista, mi permetto di premettere alcune note che fanno parte degli studi biblici e delle convinzioni che anch’io mi sono fatto.
Mi rifaccio subito a come è raccontata la creazione dell’uomo e della donna nella Bibbia. Tutti sappiamo che ci sono almeno due racconti che parlano della creazione dell’uomo e della donna. Mi riferisco al secondo (Gen 2, 21-25), che è più adatto alla concezione uomo-donna nella vita cristiana. Si tratta sempre di racconti, di parole umane messe assieme, di narrazioni poetiche religiose, non certo di fotografie, di statuti antropologici fatti canoni. Prima convinzione: trattandosi di racconti, vuol dire che la realtà non è così evidente, ma che va ricercata in maniera profonda sotto il racconto, prima di far correre la nostra fantasia e dare sfogo ai nostri pregiudizi; occorre rifarsi a un minimo di conoscenza delle scritture che hanno qualche migliaio di anni più di noi oggi.
Dio crea l’uomo e la donna contemporaneamente. Non è vero che prima crea il maschio e poi la femmina, anche se la creazione viene tradotta con quel racconto che tutti ricordiamo. L’interpretazione più vicina al vero è che Dio crea l’essere umano, gli mette davanti tutte le cose create, vede se si trova bene con tutte, ne inventa di tutti i colori per farlo contento: cieli, Sole, Luna, stelle, piante fiori, fiumi, mari, animali, pesci, dà a lui la possibilità di dare a ciascuna creatura, a ciascun vivente il nome che vuole… ma vede che questo essere umano, che nessuno ha ancora detto essere il maschio, (la Bibbia lo chiama adam: adamàh vuol dire fango, terra terreno); questo adam non è contento, allora lo addormenta, traduciamo noi, ma lo fa cadere in un tardemah (è la parola della Bibbia), che significa qualcosa che sta tra il sonno e l’estasi. Durante questa estasi gli toglie una costola e dà consistenza definita all’essere umano e rende felicissimo questo adam che al risveglio si ritrova come ish (maschio) e isha (femmina). Sgorga tra i due un canto di lode e di gioia, di contentezza e completezza; la sessualizzazione avviene per ambedue nel sonno profondo e mistico, dopo il quale ish e isha si contemplano estasiati e cantano il primo canto d’amore.
Ho una grande gioia nel cuore, ci scopriamo creati come regalo l’uno per l’altra, tu sei come me e io come te, ma siamo fatti diversamente, riconosco ed esulto per la nostra comune identità, dal momento che proveniamo dalla medesima radice. Nella nostra differenza destinata a farsi unità, liberamente scelta, io canto la nostra vocazione a diventare immagine il più possibile simile al creatore, il Signore Iddio.
Nella creazione non c’è nessuna inferiorità della donna rispetto all’uomo e dell’uomo rispetto alla donna. Un racconto del Talmud, raccolta di commenti alla Bibbia, si dice ancora, con una sorta di creazione in due tempi dell’uomo e della donna, che la donna non è stata presa dai piedi dell’uomo, perché il maschio rivendichi potere su di essa, e nemmeno dalla testa dell’uomo, perché la donna rivendichi una superiorità sul maschio, ma da una costola, che è vicina al cuore perché dal cuore nasca l’amore vicendevole che li renderà pienamente maschio e femmina e felici.
Quindi, lo sforzo principale che nella nostra Chiesa va fatto, non è quello di stabilire noi maschi per benigna concessione le quote rosa, come minimo di attenzione, ma di rifarci al piano di Dio che mette in ricerca, sia le donne che gli uomini perché si ridefiniscano in questa unità, in questa relazione che è l’unica che fa l’umanità a immagine di Dio. Siamo stati fatti a immagine di Dio, nella realizzazione sempre in fieri della nostra identità di uomini e donne in continua relazione.
Questo ci permette di entrare nella prospettiva dei vari articoli che danno per scontata la pari dignità di uomo e di donna, per ripensarci tutti sia maschi che femmine da battezzati, sacerdoti, re e profeti, nello statuto della nostra umanità che si immerge nella morte e risurrezione di Cristo nel battesimo.