Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore
«Cari catechisti, non perdete l’entusiasmo. Voi siete gli artigiani dell’annuncio» (30 gennaio 2021). «Servono catechisti in una cultura globalizzata» (10 maggio 2021).
«Fin dagli inizi la comunità cristiana ha sperimentato una diffusa ministerialità nel servizio di uomini e donne: obbedienti all’azione dello Spirito Santo, hanno dedicato la vita all’edificazione della Chiesa. I carismi che lo Spirito ha effuso sui battezzati trovarono una forma visibile e tangibile di servizio alla comunità nelle molteplici espressioni, tanto da riconoscerlo come una diaconia indispensabile». Lo afferma Papa Francesco nel motu proprio «Antiquum ministerium» (10 maggio 2021), con cui istituisce il ministero di catechista, dopo quelli del lettorato e dell’accolitato.
Il Nuovo Testamento riconosce la presenza di battezzati nel ministero «di trasmettere in forma organica, permanente e legata alla vita, l’insegnamento di apostoli ed evangelisti. La Chiesa riconosce questo servizio come espressione del carisma personale che favorisce la missione evangelizzatrice». Il Papa ricorda «l’innumerevole moltitudine di laici e laiche che hanno preso parte alla diffusione del Vangelo attraverso la catechesi. Uomini e donne animati da grande fede e autentici testimoni di santità»: in alcuni casi hanno fondato Chiese e hanno donato la vita. Anche oggi «tanti catechisti capaci e tenaci sono a capo di comunità in diverse regioni e svolgono una missione insostituibile nella trasmissione e nell’approfondimento della fede con una lunga schiera di santi e martiri catechisti».
Dopo il Concilio Vaticano II laici e laiche «in forza del Battesimo sono chiamati a collaborare nella catechesi», presenza tanto più urgente oggi «per l’evangelizzazione nel mondo e per l’imporsi di una cultura globalizzata che richiede un incontro autentico con le giovani generazioni, senza dimenticare metodologie e strumenti che rendano l’annuncio del Vangelo coerente con la trasformazione missionaria della Chiesa. Fedeltà al passato e responsabilità per il presente sono le condizioni indispensabili perché la Chiesa possa svolgere la sua missione». Parla di «funzione peculiare del catechista»: è chiamato «a esprimere la sua competenza nel servizio della trasmissione della fede nelle diverse tappe: primo annuncio che introduce al kerygma; istruzione che rende consapevoli della vita nuova in Cristo e prepara ai sacramenti; formazione permanente che consente a ogni battezzato di rispondere a chiunque domandi ragione della speranza: testimone della fede, maestro e mistagogo, accompagnatore e pedagogo che istruisce a nome della Chiesa». Identità che si sviluppa mediante la preghiera, lo studio e la partecipazione alla vita della comunità.
Elencati dal motu proprio: «Uomini e donne di profonda fede e maturità umana; attiva partecipazione alla vita della comunità; capaci di accoglienza, generosità e comunione fraterna; ricevano la dovuta formazione biblica, teologica, pastorale e pedagogica per essere comunicatori attenti della verità e abbiano già maturato un’esperienza di catechesi; fedeli collaboratori di presbiteri e diaconi; disponibili a esercitare il ministero dove è necessario; animati da entusiasmo apostolico». La Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti pubblicherà il «Rito di istituzione del ministero laicale di catechista». Rito che sarà compiuto dal vescovo perché «il catechista è a servizio del vescovo e della diocesi». Le Conferenze episcopali fisseranno: formazione; norme; forme di servizio.
Spiega l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione: il catechista si aggiunge ai ministeri di accolito e lettore; l’istituzione ha radici nell’esortazione apostolica «Evangelii nuntiandi» (8 dicembre 1975) che raccoglie l’intenso dibattito del Sinodo «Evangelizzazione del mondo contemporaneo» (1974). L’istituzione cambierà un po’ le cose perché «non tutti quelli che finora sono stati catechisti potranno accedere al ministero». Perché è stato istituito? Risponde il presule lombardo: «Solo nell’unità tra l’attenzione alle radici e uno sguardo realista al presente è possibile comprendere l’esigenza della Chiesa di istituire il nuovo ministero». C’è voluto più di mezzo secolo «perché la Chiesa riconoscesse il servizio reso da tanti uomini e donne con il loro impegno: è un ministero peculiare per la crescita della comunità. Significa stabilire che la persona investita di quel carisma realizza un autentico servizio ecclesiale alla comunità». Ma escludendo «la clericalizzazione del laicato e la laicizzazione del clero».
Con questo ministero si punta «a un laicato maggiormente formato perché non ci si improvvisa catechisti, che parlano a nome della Chiesa e trasmettono la fede della Chiesa». Per Fisichella questa responsabilità «non è delegabile ma investe ognuno in prima persona. In diverse nazioni, dove la presenza dei sacerdoti è nulla o rara, il catechista presiede la comunità e la mantiene radicata nella fede. Ma nessuno è abilitato a dare il patentino per essere catechista: questo significa svilire il ministero». Non è più tempo del «catechista fai-da-te»: l’immagine giornalistica è vivida, ma non è adeguata alla realtà di un servizio fondamentale e faticoso. È un modo per non affrontare – chiedono all’arcivescovo – temi scabrosi come «viri probati» e diaconato femminile? Niente affatto. «Non si tratta di supplire i sacerdoti, perché non può essere supplito». Resta ciò che ha scritto Papa Bergoglio: «Cari catechisti, vi chiedo di non perdere entusiasmo. Come gli artigiani, anche voi siete chiamati a plasmare l’annuncio con creatività. Non cedete allo scoraggiamento e allo sconforto. Puntate sempre in alto, sostenuti dalla misericordia del Padre. Il Papa vi incoraggia e vi sostiene».