Ugo Ughi – Referente per la formazione permanente del clero della diocesi di Fano – Fossombrone – Cagli – Pergola
La pandemia ha causato, tra le altre pesanti conseguenze, un appannamento del nostro sguardo, che ha rallentato e talora perfino svuotato d’intensità le relazioni umane e ha creato fra le persone notevoli distanze che siamo invitati a colmare, per andare verso un’autentica pienezza di umanità. Abbiamo perduto, almeno in parte, la bellezza e la gioia dell’incontro. L’uso, pur apprezzabile e vantaggioso, dei social non è stato in grado di sostituire in pieno il contatto diretto tra le persone e ha impedito quel “corpo a corpo” che è essenziale per il dialogo rispettoso e costruttivo tra di noi. Ora, anche se lo desideriamo vivamente, non basterà togliere definitivamente la mascherina per stabilire e ristabilire relazioni umane vere, ma sarà necessario “ripulire” e “illuminare” i nostri sguardi. Soltanto un occhio limpido permette di vedere in maniera chiara e rispettosa chi ci sta di fronte. La follia della guerra, di tutte le guerre, poi, ha fatto e fa emergere il veleno che abita il cuore umano, e produce sguardi cattivi, arroganti e violenti, che ostacolano in maniera determinante il cammino della storia. Si sono ulteriormente incattivite le relazioni sociali, che rischiano di esplodere da un momento all’altro.
È tempo di purificare e di illuminare il nostro sguardo per “vedere” e “riconoscere” anche ciò che immediatamente non appare. Per questo non bastano gli occhi, è necessario il cuore, per poter vedere correttamente! Lo sguardo del cuore è diverso, pulito, compassionevole, che va “oltre”, scende in profondità, e permette di scoprire e riscoprire la dignità e l’onorabilità di ciascuno. Se non raggiungiamo questo livello, non possiamo pretendere né la giustizia sociale né la pace. Negli occhi e nel cuore di Gesù non c’è giudizio, tanto meno condanna, ma offerta di perdono, di misericordia e di amore.
Non l’animo del giudice, ma il cuore e lo sguardo benevolo della sorella e del fratello permettono di rigenerarsi, di essere donne e uomini “nuovi”, e di dare un significato e un valore sempre positivi alla vita di ognuno di noi, anche dopo aver sbagliato.
(L’intero articolo su Orientamenti Pastorali n. 4/2022. Tutti i diritti riservati)