Ancora una volta torniamo, come Centro di Orientamento Pastorale, a porre al centro della nostra riflessione la parrocchia. Da «c’era una volta la piazza, la fontana e il campanile come luoghi di relazione», di vita e di fede; piccole realtà che segnano la geografia delle nostre regioni (cf. Settimana del COP 2023) … alla «città», in cui la socialità fa sempre più fatica a riprodursi in modo autonomo, perché essa esiste sempre più e solo in rapporto alle funzioni che organizzano la vita della città. 

«La città contemporanea non riesce più […] a essere il luogo dove l’esperienza comune viene filtrata e sedimentata. Non ne ha più né il tempo né il modo. Il suo ideale non è più quello di essere il “luogo del vissuto”, ma piuttosto quello di diventare il “luogo del vivente”, sistema di opportunità, contenitore di possibilità, rinunciando a qualunque identità e consistenza preordinate, viste come degli obiettivi impedimenti alla dinamica del possibile. Il che concretamente significa che, nella città contemporanea, il luogo non ha più valore se non in chiave strumentale e comunque provvisoria e contingente, come punto di appoggio per l’azione e la realizzazione, mediante le quali diventa possibile il suo stesso superamento». Ciò comporta la difficoltà a fissare con un minimo di senso e di precisione i confini della città; e ancor più difficile è stabilire il suo dentro e il suo fuori: chi vive la città non è detto che coincida con chi vi abita. E, d’altra parte, il nascere in un luogo è sempre meno frequentemente l’elemento che prevede l’abitare in un dato posto. 

La conversione pastorale, premessa inevitabile per la pastorale in una grande città, passa attraverso il superamento di due posizioni contrapposte, ma ugualmente discutibili. La prima è l’accomodazione allo spirito del tempo che finisce in un relativismo senza idee né cuore che, dice papa Francesco, «lascia l’uomo affidato a sé stesso ed emancipato dalla mano di Dio»; la seconda è la chiusura istituzionale che punta solo sulle sicurezze e cerca di difendersi perché vede nel mondo una minaccia e in fondo ignora la realtà. Oggi, soprattutto, la parrocchia è chiamata a superare la tentazione della chiusura nel piccolo gruppo o del «circolo dei pii», per diventare lo spazio dove ci si forma per uscire dal tempio verso le periferie della vita e incontrare gli uomini nei luoghi e nei tempi delle loro gioie e delle loro sofferenze. «Sui loro cammini di Emmaus – scrive Alphonse Borras – i nostri contemporanei raggiunti in questo, possono parlare e discutere, vedersi aprire le Scritture, attardarsi quando viene la sera e, se il cuore lo suggerisce loro, spezzare il pane della condivisione. Un giorno forse essi andranno, a loro volta, a raccontare ad altri ciò che è accaduto sulla loro strada».

Lasciarsi interrogare dalla città e dai suoi mutamenti ha dato vita a una serie di risposte, variegate nelle loro formulazioni e strutturazioni, ma accomunate dal desiderio di «sconfinare» sia fisicamente dalla «struttura-parrocchia» con i suoi annessi servizi, sia di andare oltre le consuetudini che caratterizzano la vita parrocchiale: orari, celebrazioni… Ricordo, ad esempio, l’esperienza delle cytikirchen, presenti soprattutto in area tedesca, luoghi aperti a tutti, descritti come «oasi di silenzio», «luoghi di maturazione della fede»…,  presenti nella città che è, per sua natura, caratterizzata da una concentrazione di popolazione e di servizi. 

Più che su queste nuove strutturazioni, vorremmo nella nostra Settimana cercare di riflettere sullo stile che dovrebbe caratterizzare la presenza, nella città, di una parrocchia che cerca di costruirsi sinodalmente nello stile dell’accoglienza: porta aperta a tutti; della convivialità: siamo molti per una sola missione; del dialogo: l’attivazione paziente degli organismi di partecipazione; della progettualità: delineare il suo volto per uno stile di presenza nel proprio territorio. 

In questi Atti, introdotti da Francesco Cosentino, contributi di Luca Bressan, Luigi Girardi, Ezio Falavegna, Gianni Borsa, Mattia Colombo, Antonio Napolioni, Enrico D’Abbicco, Eleonora Palmentura, Domenico Sigalini