Il tempo di grazia rappresentato dal Giubileo è da sempre connesso all’esperienza del pellegrinaggio, simbolo e metafora del viaggio della vita e del cammino di fede. Il Giubileo, tempo in cui sperimentare nuovamente la vicinanza di Dio, chiede a ciascuno di oltrepassare i confini di una esistenza chiusa nel proprio io, di ritrovare se stesso in un viaggio di ricerca interiore e, ancor più, di camminare verso la salvezza che è Cristo. Così, il pellegrinaggio cristiano non è soltanto uno spostamento fisico verso un luogo sacro, ma un percorso di rinnovamento spirituale che diventa icona del viaggio che ogni persona compie nella propria vita e metafora del cammino della fede. Come ricorda Papa Francesco nella Bolla di indizione del prossimo Giubileo, la vita cristiana è  «un cammino, che ha bisogno anche di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza, insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù…Non a caso il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita». In questa prospettiva, è importante che il significato autentico del pellegrinaggio venga riscoperto nella sua prospettiva antropologica, biblica e teologica, cercando di affrontare l’interrogativo pastorale fondamentale: come l’esperienza del pellegrinaggio, metafora e icona del nostro camminare verso Dio, può diventare esperienza di fede e non soltanto occasione culturale o momento devozionale?

L’evento del Giubileo è caratterizzato dalla prassi del pellegrinaggio che ha attraversato i secoli e che rivela ancora oggi una carica valoriale ed emotiva notevole, anzi rinnovata. Il pellegrinaggio si presta a evidenziare in modo simbolico, metaforico ed esperienziale i contenuti salvifici del cristianesimo, divenendo proposta preziosa anche per la pastorale delle comunità ecclesiali.

Dal primo Giubileo indetto da Bonifacio VIII nel 1300, l’Anno santo ha sempre rappresentato, nella tradizione e nel cammino della Chiesa, un tempo di speciale grazia radicato nello stesso calendario del popolo ebraico, per la remissione dei peccati, la riconciliazione tra i contendenti, di liberazione da condizioni di schiavitù morale e sociale, un rinnovato slancio nella vita di fede e nella fraternità. Il pellegrinaggio, in ogni Anno giubilare, è segno esteriore di tale cammino spirituale e, perciò, i luoghi sacri, in special modo i Santuari, sono tappe importanti per la sosta e la rinascita spirituale del Popolo santo di Dio.

Lo spirito umano è caratterizzato dall’essere in movimento, alla continua ricerca di una verità è più grande che appaghi il bisogno di senso e il desiderio di compiutezza. Da questo punto di vista, l’uomo è sempre viator e il pellegrinaggio, dunque, è metafora del cammino che ciascun uomo compie anzitutto alla ricerca di se stesso, delle proprie origini, del significato ultimo della propria esistenza e di una meta che orienti i passi del suo andare.

La chiamata di Dio, come si evince chiaramente dalla storia di Abramo, implica un lasciarsi alle spalle il proprio mondo, le proprie sicurezze e la propria stabilità, per mettersi in viaggio verso un luogo “altro” che in realtà è anzitutto lo spazio della relazione col Dio vivente. Allo stesso modo, con il popolo di Israele Dio stabilisce un’alleanza d’amore che si caratterizza per un cammino di liberazione dalla schiavitù e, al contempo, implica da parte del popolo la fatica e l’avventura di un cammino di purificazione e di ascesa verso Dio. Proprio in questo inquieto e affascinante camminare del popolo incontro al Signore, prima nel deserto verso il Sinai e poi verso il Monte di Gerusalemme, prefigurazione del cammino che in Cristo ciascuno è chiamato a fare verso il Padre e verso il banchetto finale, rinveniamo le radici bibliche del pellegrinaggio cristiano.

Lungi dall’essere semplicemente una pratica devozionale, il pellegrinaggio cristiano è figura della fede cristiana ed il senso dell’essere credenti: in Cristo, diventate nuove creature, è iniziata in noi una nuova vita e siamo perciò costituiti come pellegrini su questa nuova strada che ci conduce verso il Padre. Il cristiano cammina dentro la storia e nella fragilità della propria carne, già però visitato dal germe di vita nuova che ha ricevuto nel battesimo: pellegrino che, unito a Cristo, cammina alla ricerca della verità tutta intera, sui sentieri della speranza nell’attesa del giorno che verrà, quando saremo simili a Lui e lo vedremo così come Egli è.

Fino al giorno in cui il Signore non verrà nella gloria – afferma la Lumen gentium – il cristiano è un esule e un pellegrino su questa terra, nell’attesa dell’incontro con Lui. La Chiesa, pertanto, Popolo di Dio in cammino nella storia, «compie su questa terra il suo pellegrinaggio lontana dal Signore (cfr. 2 Cor 5,6), è come un esule, e cerca e pensa alle cose di lassù, dove Cristo siede alla destra di Dio, dove la vita della Chiesa è nascosta con Cristo in Dio, fino a che col suo sposo comparirà rivestita di gloria». Essa, dunque, è inizio e segno, qui sulla terra, del Regno di Dio che si è compiuto in Cristo, la cui piena realizzazione celebriamo nella fede e attendiamo nella speranza. In questo senso, il pellegrinaggio è metafora del nostro essere Chiesa, ma è anche immagine di ciò che deve costituire l’essenza del cristianesimo: non una dottrina astratta data una volta per tutte o una sicurezza religiosa in cui “sistemarsi”, ma un cristianesimo nomade, abitato dall’inquietudine delle domande dell’uomo e della storia, segnato dal peregrinare continuo alla ricerca del volto di Dio.

In questo dossier, introdotto da Francesco Cosentino, contributi di Pier Giuseppe Accornero, Livio Tonello, Luigi De Palma, Giuseppe Savagnone, Giuseppe De Virgilio, Lorenzo Voltolin, Franco Giulio Brambilla, Paolo Giulietti, Fortunato Ammendolia