Fortunato Ammendolia – informatico, studioso di pastorale digitale, intelligenza artificiale ed etica, docente invitato in istituzioni accademiche

«Comunicazione sociale, cultura e strumenti digitali, arti, linguaggi e social media» è il titolo della scheda che in questo contributo prendiamo in esame. Al cuore dei punti e degli approfondimenti da cui partire c’è il n. 113 del Documento finale del Sinodo 2021-2024: «Anche la diffusione della cultura digitale, particolarmente evidente tra i giovani, sta cambiando profondamente la percezione dello spazio e del tempo, influenzando le attività quotidiane, le comunicazioni e le relazioni interpersonali, inclusa la fede. Le possibilità che la rete offre riconfigurano relazioni, legami e frontiere».

Per cogliere pienamente il significato di questo paragrafo e affrontare la questione della pastorale digitale in modo opportuno e non riduttivo, occorre considerare il neologismo onlife,[1] recepito dalla Chiesa cattolica e utilizzato per la prima volta nella riflessione pastorale rilasciata dal Dicastero per la comunicazione nella Pentecoste del 2023, documento indicato nella scheda in questione, tra gli approfondimenti. Al n. 9, il Dicastero: «In ogni caso, la nostra cultura è ormai una cultura digitale. Per superare la vecchia dicotomia tra “digitale” e “faccia a faccia”, alcuni non parlano più di “online” e “offline”, ma solo di “onlife”, incorporando la vita umana e sociale nelle sue varie espressioni, siano esse in spazi digitali o fisici». Questo vivere dell’uomo in un habitat ibrido è una delle peculiarità del cambiamento d’epoca che il magistero di papa Francesco ha evidenziato[2] e va elaborando. Un cambiamento d’epoca mosso dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), o, più in generale, tecnologie digitali: esse vanno considerate oltre il loro essere semplicemente strumenti. Si tratta, piuttosto, di forze ambientali, che agiscono e impattano su quattro fronti: la nostra «concezione del sé» (chi siamo); le nostre «interazioni reciproche» (come socializziamo); la nostra «concezione della realtà» (la nostra metafisica); la nostra «interazione con la realtà» (agency: il nostro scegliere e agire indipendente). In questo contesto di vita ibrido (onlife), la Chiesa è chiamata a essere missione.

Pertanto, all’incipit della scheda, possiamo integrare una opportuna definizione di pastorale digitale. Tale espressione è infatti indicativa di un insieme di processi atti a far interagire in modo adeguato la pastorale e le tecnologie digitali, perché si realizzi un uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare della Chiesa nella prospettiva onlife. Celebrazione, catechesi e carità (nel suo senso più ampio: vita) dovranno quindi compiersi nell’era dell’iperconnessione, considerando pertanto cultura e comunicazione digitale. Tra le evidenze che emergono ce ne sono due rilevanti. Anzitutto la raccomandazione di discernere perché non si cada nella tentazione di una pastorale della prospettiva digitale, concentrandosi cioè sul saper gestire tecnicamente gli strumenti, ma di intendere la questione in termini generativi di senso e relazione, in funzione della costruzione della comunione e del bene,[3] nella prospettiva di un «capitalismo della cura» – cura dell’uomo e della sua casa, il pianeta –.

Sebbene la prassi già in atto rimandi alla comunicazione digitalmente mediata – ovvero una pastorale digitale che s’inquadra nelle comunicazioni sociali, come emerge dalla scheda –, ciò non esaurisce la definizione di pastorale digitale, che è da intendersi invece in senso più ampio, considerando cioè tutte le tecnologie digitali (e tra esse l’intelligenza artificiale), in un dialogo tra teologia, scienze umane e tecnologiche.[4] La pastorale digitale, pertanto, si colloca trasversalmente secondo quella prospettiva di ricerca piuttosto nuova che vede la pastorale interrogarsi sul suo rapporto con la tecnologia, fino a considerare la questione del postumano, ovvero della tecnica come ambiente.

Alla luce di queste osservazioni, e andando oltre il poco allineato termine strumenti utilizzato nel titolo della scheda – da sostituirsi, più propriamente, con ambienti –, si può affermare che la scheda affronta la questione della comunicazione digitalmente mediata, dalle ricadute nella vita della persona. Un primo passo nell’orizzonte della pastorale digitale che abbiamo definito.

  1. Al cuore delle proposte: la formazione

Per una Chiesa che si ripensa onlife la questione formativa è fondamentale. La scheda, nel suo incipit, lo evidenzia con le parole della Chiesa universale nel Documento finale del sinodo. Proseguendo nella lettura del n.113 leggiamo: «Questa realtà ci trova impreparati e richiede la scelta di dedicare risorse perché l’ambiente digitale sia un luogo profetico di missione e di annuncio». In tal senso, per una proposta alle chiese locali attenta al cammino della Chiesa italiana nel primo quarto del XXI secolo, nella scheda ci si rifà al documento CEI (2004) Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, che introduce ufficialmente la figura dell’animatore della comunicazione e della cultura (AniCeC).[5] Al punto b) delle scelte possibili si legge: «Promuovere nelle singole parrocchie o nelle vicarie/zone ecclesiali la formazione di operatori pastorali della cultura e della comunicazione che – attraverso i social media e le altre opportunità comunicative – offrano informazioni accurate e capillari sulle attività e la vita di comunità». Una proposta che di fatto traccia un punto di partenza e non va letta in termini meramente operativi. Il profilo dell’animatore della comunicazione e della cultura è poliedrico,[6] ma il suo operare rientra sempre in quella necessità di evangelizzazione delle culture e dell’inculturazione del messaggio della fede.[7] Un agire ecclesiale che aiuta la stessa comunità a porsi in dialogo con una cultura del tempo. Tra le proposte alle chiese locali, al punto g) ritorna la questione formativa, ovvero quella di: «rafforzare la formazione biblica degli operatori della comunicazione (insieme ad altri operatori pastorali), per prepararli ad una comunicazione efficace della parola di Dio, nel dialogo con le culture di oggi». Agli approfondimenti suggeriti nell’incipit della scheda, è opportuno affiancare – per evidenziare buone prassi formative – due realtà a carattere nazionale di cui va incoraggiata una sempre maggiore conoscenza nelle chiese particolari. Anzitutto, l’associazione WebCattolici italiani (WeCa),[8] punto di convergenza di competenze, ricerca universitaria e buone prassi. Altra realtà, che va evolvendosi in MOOC,[9] è il percorso AniCeC[10] proposto dalla CEI per formare gli animatori della comunicazione e della cultura, basilare per la strutturazione di un operatore pastorale d’oggi.

  1. Al cuore del discernimento: «nova et vetera»

Consideriamo uno solo degli interrogativi che la scheda consegna per il discernimento negli organismi di partecipazione diocesani: «quali sono le risorse (persone, esperienze, strutture, associazioni, organizzazioni, aggregazioni, movimenti etc.) su cui possiamo contare?». La domanda, di fatto, rilancia gli altri quesiti posti nella scheda e apre a presupposti per una pastorale digitale opportunamente intesa. Al discernimento (di questa fase profetica e oltre) il nostro approfondimento consegna anzitutto un pensiero che il vescovo Gerardo Antonazzo ha apportato alla ricerca del COP qualche anno fa, ragionando su Mt 13,51-52,[11] icona biblica per la pastorale digitale: «Nella prospettiva onlife – un’esistenza dove i confini tra mondo fisico e mondo digitale sono ormai venuti meno – la pastorale digitale non è tesa solo a migliorare la comunicazione – con tutte le sue potenzialità espansive –, ma può essere capace di migliorare gli stessi contenuti da annunciare, scegliere le parole migliori da dire, entrare in modo più profondo nel vissuto delle persone, rendere i soggetti coinvolti più partecipi e interattivi rispetto al messaggio proposto. Le cose “antiche” vengono valorizzate in modo completamente “nuovo” se rigenerate nel contesto onlife dei soggetti che sono coinvolti. Il vangelo annuncia cose “nuove” e ha sempre bisogno di modalità “nuove” perché arrivi a cambiare il cuore dell’umano. Mi piace pensare che la pastorale digitale sia una straordinaria opportunità per porgere la novità della fede con modalità discepolari nuove, capaci di risignificare nella vita del credente in modo nuovo l’annuncio antico del vangelo». Ma dove intercettare risorse per un’azione pastorale in tal senso? Al n. 125 del già citato Direttorio sulle comunicazioni sociali si evidenzia: «In una pastorale concepita come azione a tutto campo, e non solo tra le mura ecclesiastiche, si possono intercettare molte persone che per impegni professionali o altri motivi non possono operare in parrocchia, ma volentieri darebbero il loro contributo se l’impegno fosse maggiormente collegato alle proprie competenze e gestibile con elasticità. Doni e carismi rischiano di rimanere inutilizzati per la scarsa attenzione prestata ai settori della cultura e della comunicazione. In modo particolare sono i giovani oggi a coltivare competenze informatiche, musicali, mass-mediali, artistiche, socioculturali. I nuovi animatori andrebbero individuati in particolare tra di loro. Oltre a essere sensibili e competenti, i giovani sono spesso più duttili, intraprendenti e disponibili ad avviare esperienze nuove». Evidenziare che in Italia hanno già preso forma modalità discepolari nuove, di certo può incoraggiare uno sguardo più ampio sulla questione della pastorale digitale, che, come si deduce dall’incipit della scheda – esattamente dal già citato n. 113 – non può fermarsi alla proposta e) – ovvero a quel necessario impegno a «implementare l’utilizzo del digitale per gli organi di stampa diocesani, favorendo un aggiornamento costante dei portali web, la produzione e valorizzazione dei contenuti veicolati via social, radio e tv, fino alle nuove esperienze fruitive come i podcast» –. Va evidenziata, quindi, la figura del missionario digitale: ha saputo farsi prossimo nella rete nell’esperienza del Sinodo digitale – progetto «La Chiesa ti ascolta».[12]

 

L’intero articolo su Orientamenti Pastorali n. 1/2(2025). EDB. Tutti i diritti riservati.

 

[1] Neologismo coniato da Luciano Floridi. Il termine onlife è reso pubblico nel 2013, con il rilascio de Il Manifesto Onlife, documento breve sul nuovo rapporto tra uomo e tecnologia, sintesi di quanto emerso nel gruppo di lavoro coordinato da Floridi – progetto L’iniziativa onlife: reingegnerizzazione del concetto per reinquadrare le problematiche della società nella transizione digitale –, che ha messo in dialogo studiosi di discipline diverse (antropologia, informatica, neuroscienze, scienze politiche, filosofia, sociologia e psicologia).

[2] Francesco, «E il Verbo si fece carne e pose la sua dimora in mezzo a noi» (Gv 1,14). Discorso alla curia romana, 21 dicembre 2019.

[3] Cf. F. Ceretti – M. Padula, «Dalla connessione alla comunione. Prospettive digitali e nuove responsabilità», in La Società 2(2021), pp. 92-94.

[4] Cf. Francesco, Veritatis gaudium, n. 2.

[5] «È necessaria la presenza di una nuova figura d’animatore che si prenda a cuore quei settori oggi trascurati e poco valorizzati, affinché l’intera comunità, in ogni sua articolazione, sia più capace di comunicare, ossia, per usare un’espressione coniata al convegno ecclesiale di Palermo, sia veramente “estroversa”. Perché la Chiesa possa procedere su questa linea è indispensabile «formare comunicatori e utenti, sacerdoti, educatori, e operatori pastorali». Conferenza episcopale italiana, Comunicazione e missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, Libreria Editrice Vaticana, 2004, n. 123.

[6] Cf. CEI, Comunicazione e missione, capitolo VI.

[7] Cf. Pontificio consiglio della cultura, Per una pastorale della cultura, Città del Vaticano, 23 maggio 1999 (solennità di Pentecoste), n. 5.

[8] www.weca.it (ultima consultazione, 31 gennaio 2025).

[9] Massive Open Online Course (MOOC), corso online gratuito. I MOOC offrono un modo conveniente e flessibile per apprendere nuove competenze e offrire esperienze educative di qualità su larga scala.

[10] https://www.anicec.it (ultima consultazione, 31 gennaio 2025).

[11] «“Avete compreso tutte queste cose?”. Gli risposero: “Sì”. Ed egli disse loro: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”».

[12] https://www.sinododigital.com/it (ultima consultazione, 31 gennaio 2025).