Don Giuseppe Alcamo, presbitero della diocesi di Mazara del Vallo e docente di catechetica presso la Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia
Come può la Chiesa oggi attendere il Signore che viene? È solo un fatto rituale? I singoli cristiani attendono il Signore? Come fare per non scadere nella retorica di un’attesa evanescente e insignificante? Queste ed altre domande si presentano imperiose all’inizio di ogni tempo liturgico e richiedono risposte che siano significative.
Per aiutarmi a trovare una risposta, prendo come riferimento la vita di una coppia che attende un bambino. Guardare alla vita che nasce e al calore della famiglia, in questo tempo di pandemia, ci sostiene a tenere desta la Speranza e ci dona conforto.
Che cosa succede dentro una famiglia che scopre di aspettare la nascita di un figlio?
In verità, io non so bene, perché non mi sono mai trovato in una situazione simile, ho fatto altre scelte, conosco questo mondo da figlio e non da padre. Ma, alla luce di quanto ho più volte osservato in tante famiglie che hanno vissuto questo meraviglioso evento, cerco di focalizzare qualche elemento che colgo come fondante e che, con i dovuti adattamenti, può aiutare a comprendere cosa significa per la Chiesa, quindi per me e per voi, incamminarsi decisamente, in modo vero, verso il Natale.
La culla della vita è l’amore
A fondamento della scelta di generare la vita, c’è la decisione della coppia di amarsi in modo fecondo e di legarsi sempre più l’uno all’altra, anche attraverso la nascita di un figlio. Tutto parte dall’amore dei coniugi, un amore vissuto con una tale profondità da maturare il desiderio di generare la vita. Un amore fisico e spirituale, sbriciolato nel quotidiano della vita comune, che si esprime in una pluralità di forme, impossibile da quantificare. Se, da una parte, l’amore dei coniugi è la prima culla della vita nascente dall’altra, i coniugi sperimentano che la vita nascente li rigenera e li rivivifica nell’amore; nel generare la vita la loro vita d’amore viene rigenerata. Anche per la Chiesa è così, tutto parte dall’amore di Dio. Prepararsi per vivere il natale comporta, innanzitutto, riconoscere la scelta di Dio di amare questo mondo in modo coinvolgente, fecondo e generoso. La culla che possiamo predisporre per accogliere il Signore che viene è individuare l’amore concreto e feriale di Dio, che dobbiamo sperimentare dentro e fuori la Chiesa. Ma bisogna anche dire che il Signore viene a rivitalizzare la Chiesa e renderla sempre più segno del Suo amore. L’amore fraterno è sia il “dono” che la nascita del Signore porta alla sua Chiesa, sia il contesto storico dentro cui accogliere il Signore. Dio si incarna, diventa uomo, per farci ulteriormente dono del Suo amore.
Sfidare la paura e coltivare lo stupore
Nella coppia, che scopre di aver generato la vita, subentra lo stupore e la paura. Lo stupore per quello che è successo e che è andato oltre le loro stesse azioni, che è diventato possibile quello che sembrava impossibile; il rendersi conto che non sono più due, che non possono, e non debbono, più tornare indietro, che un Altro cresce e si impone alla loro vita e al loro amore. Ma anche, la paura per quello che è successo e il non sentirsi adeguati e capaci, percepire di dovere imparare tutto e di mettersi in discussione reimpostando i tempi, gli spazi, i modi, lo stile. Ancora nessuno lo ha visto in faccia eppure tutti, dentro quella famiglia, parlano di Lui, sentono che è presente in modo determinante. Stupore e paura per tutti i nove mesi si alternano e convivono; in certi momenti, la paura e più forte e più grande, in altri lo stupore e la gioia ridimensionano fino ad annientare la grande paura. La Chiesa, come una famiglia, deve sempre stupirsi e meravigliarsi per tutto quello che lo Spirito opera dentro la sua storia; ma anche, avere la consapevolezza di non essere adeguata e di dover sempre imparare come fare e ricercare cosa fare, per mantenersi fedele alla sua vocazione. L’Avvento è il tempo in cui la Chiesa coltiva lo stupore verso il mistero dell’Incarnazione e sfida la paura di non saper essere adeguata fino in fondo all’amore con cui è amata.
L’annuncio: attendiamo un bambino!
Infine, quando i tempi sembrano maturi, la coppia fa l’annuncio della vita nuova ai parenti e agli amici. È un annuncio essenziale e gioioso, che crea gioia: attendiamo un bambino! È il momento della condivisione sia della gioia che dello stupore e delle paure. Tutti coloro che amano quella famiglia, in forme e gradi diversi, vengono coinvolti nell’evento e si assumono il compito di accompagnarla nell’attesa, fino al suo concretizzarsi con la nascita. Quanti ricevono l’annuncio, a loro modo, partecipano della gioia e diventano eco di questa gioia. L’annuncio dell’attesa di un bimbo passa di bocca in bocca, di persona in persona, di famiglia in famiglia. Tutti, in qualche modo, si predispongono per la sua accoglienza. L’evento dell’annuncio di una nuova vita diventa gioia condivisa, amicizia diffusa, fraternità coltivata. Sembra sentire riecheggiare quanto scrive l’evangelista Luca al capitolo secondo del suo vangelo: una moltitudine celeste loda Dio e canta, coinvolgendo i pastori e tutti gli uomini di buona volontà, perché è nato un bimbo che sarà il Salvatore dell’umanità.
Il tempo dell’Avvento è il tempo della condivisione gioiosa di questo annuncio, il tempo della dolce attesa.
A tutti voi che leggete auguro buon cammino di Avvento!