Domenico SIGALINI – presidente del COP
Il cristiano sa di poter contare su una esperienza determinante, che gli mette a disposizione oltre ogni sforzo razionale o immaginazione, la sorgente della speranza. Tutti i nostri ragionamenti, considerazioni, stimoli culturali, tutte le nostre offerte di speranza devono poter contare sull’esperienza del Risorto, altrimenti il nostro essere cristiani non porta nessuna novità alla vita dell’uomo. La nostra speranza ha inizio, ha origine nella fede in Gesù risorto. Il Crocifisso risorto è il nome della speranza cristiana. Le due parole crocifisso e risorto unite inscindibilmente ci dicono la portata, la consistenza, la vocazione, la struttura della speranza cristiana. A quella morte è capitato qualcosa di inedito. In questa compresenza di crocifissione e risurrezione ci sono tutti i drammi umani, tutte le ricerche, talora le sconfitte e le disperazioni, le debolezze e le piccole vittorie, le ansie e i martirii, la tenacia nella debolezza, la progettualità e l’accoglienza del dono.
Diventa allora importante che la nostra vita di cristiani sia scritta ogni giorno attorno all’esperienza del risorto. Se viviamo una esperienza viva del Risorto allora nascono linguaggi culturali, modi di comunicare, parlare, esprimere comprensibili nella vita, nelle relazioni familiari e nella società che traducono la fede pasquale. È insomma un modo nuovo di essere uomini e donne, da risorti, comunicabile e percepibile nel mondo di tutte le relazioni. Di conseguenza ci facciamo un bel compito «per casa»: cercare ogni giorno la sorgente, il fondamento e la testimonianza da offrire.
L’esperienza del Crocifisso risorto è un evento preparato, atteso, desiderato, ricercato, ma donato da Dio nella gratuità più assoluta, sorpassa le attese e rimane sempre incompiuto perché continua a portare oltre qualsiasi nostra precomprensione. È dono che destabilizza, che interrompe in ogni nostra programmazione, si accende nella vita dell’uomo e della donna, se accetta di essere sempre di nuovo destinatario di una novità. Il crocifisso risorto si dà a vedere, non è visto.
È una novità radicale, irriducibile, ma da Lui resa accessibile. La speranza che egli costituisce è sempre un oltre ogni nostra iniziativa. La messa domenicale è lo spazio in cui l’accoglienza si fa radicale. Lì non sei tu che agisce, la speranza che riesci a incontrare non dipende dal numero di parole che dici, ma dalla sete dell’Assente che hai, dalla accoglienza cui ti apri, dall’inedito di Dio che sempre ci sorprende. Le varie domeniche e feste, le stesse messe feriali, con i loro ritmi offrono colorazioni diverse del Mistero. In esso le piccole e grandi speranze vengono nutrite e sviluppate dalla Parola, dal Cristo vera speranza, dai segni sacramentali. Se riuscissimo a capire la bellezza dei segni, il loro significato e ci facessimo una mentalità nuova, sgorgherebbe una autentica esperienza del risorto, e l’eucaristia, la messa domenicale, risulterebbe una festa e non un precetto da assolvere.