Giancarlo Tettamanti – socio fondatore AGESC
L’educazione cattolica, oggi, deve farsi strada in un tempo storico e in un contesto culturale in cui non vi è più neppure la garanzia di quel “cristianesimo sociologico” che ha caratterizzato il passato, ed in cui la stessa azione di sensibilizzazione cristiana sembra essere irreversibilmente messa in discussione da istanze che da post-cristiane tendono sempre più a farsi anti-cristiane.
Come già altri hanno evidenziato, nel contesto culturale ed esistenziale odierno, l’uomo non rappresenta più il “fine”, e la sua immagine è ridotta e impoverita da altri fini che l’hanno soppiantata nella gerarchia valoriale. Solo sul terreno etico-religioso, tuttavia, l’uomo assume e continua ad avere senso e significato. L’educazione cattolica, oggi, nonostante molteplici fatti tendano a negarne i presupposti e la presenza, e nonostante la presenza di una laicità costruita sulla razionalità scientifico-tecnologica, resta l’orizzonte insuperabile di senso del nostro tempo per chiunque voglia continuare a richiamarsi all’uomo come persona e come fine. Resta perciò una sfida rispetto alle tendenze prevalenti nel contesto sociale in cui viviamo.
Vanno rifiutati i dubbi e i sospetti secondo i quali l’educazione cattolica risente di rigorismi anacronistici e contrari alla libertà. In termini pedagogici, essa deve mantenere la sua dimensione biblica, quella dimensione che conferisce agli educatori cattolici e alle loro istituzioni, tra cui la “scuola cattolica”, il dovere e la responsabilità di una coerenza cristiana. Non dimentichiamo che “la via della Verità è anche la via della Libertà”. Per quanto ci riguarda non possiamo trascurare i nostri diritti di cattolici. Non dobbiamo ritirarci e smarrirci di fronte alle difficoltà di un mondo caratterizzato da un laicismo aggressivo, ma proprio perché “minoranza” va accresciuto l’impegno di proposizione e di testimonianza. Come cattolici non ci arroghiamo la pretesa di essere nella “verità”: abbiamo però il compito di ricercarla continuamente e di renderla visibile.
In quest’ottica la questione “scuola cattolica” non va impostata a partire dalle convenienze civili – baratti economici – e dai compromessi politici – sudditanza psicologica -: la scuola cattolica è espressione – o meglio, così dovrebbe essere – di una realtà di popolo – la comunità cristiana – che non va mistificata da accuse di egemonia confessionale e culturale, ma che, proprio in quanto espressione di un popolo e realtà vera, coltiva e propone la propria cultura rispondendo alla identità che la contraddistingue. Essa è istituzione indispensabile nel contesto culturale odierno, espressione concreta di pluralismo nel quadro del sistema scolastico nazionale, e soggetto autentico di evangelizzazione e di promozione umana. Da qui il superamento di una certa diffidenza, presente anche in ambiti ecclesiali, nei riguardi della “cultura cattolica”.
Fortemente significativo appare l’interrogativo sotteso, ma forte, di don Antonio Villa – (fondatore a Tarcento di una scuola libera sulle macerie causate dalla caduta della diga del Vajont, scuola che tuttora dirige) – che, in virtù della sua esperienza, si è chiesto “quale senso avesse, nel quadro di un secolarismo pregnante che caratterizza la nostra società, fondare la stagione della educazione sul finanziamento economico, trascurando ciò che è “essenziale”. E in quest’ottica, farsi delle domande “sul significato del termine “cristiano”: cioè se questo termine sia un semplice aggettivo oppure un sostantivo ricco di senso, e ancora, nel senso di un soggetto personale, se sia un “normale cattolico adulto” o se sia un “soggetto portatore di una identità “sui generis”, detta comunemente “Figlio di Dio”. E’ vero: “battersi oggi per la libertà di educazione sta diventando anche in Italia la decisione di una sana laicità, che non vuol dire essere travolta dal relativismo. Ma battersi per la libertà di educare cristianamente è ancora oggi, anche in Italia, una decisione coraggiosa perché deve comportare il rischio di essere “divisivi”.
Nel nostro contesto sociale e culturale, dove molte sono e possono essere le opzioni, la scuola cattolica deve essere concretamente tale, e ciò proprio per evitare una controproducente educazione “genericamente cristiana”. Essa deve recuperare la propria vocazione e comunicare, con autenticità e concretezza, quel “umanesimo cristiano”, che oggi, forse come non mai, assume connotati di valore prioritario grandissimo. Ne consegue l’urgenza di rivedere criteri e modalità di riconoscimento della “cattolicità” delle istituzioni scolastiche. Oggi le scuole cattoliche trovano presenza e sostegno in un impegno dei laici credenti che sono chiamati – in funzione della loro specificità nel mondo – ad operare nel settore educativo/formativo con dedizione e missionarietà, a sostegno del bisogno delle giovani generazioni di avere risposte chiare alla loro – implicita o esplicita – domanda di senso.
Quella presenza e quel sostegno che la scuola cattolica spesso non trova sul territorio e nelle comunità parrocchiali. E questo necessario impegno va sottolineato come attenzione dovuta nell’ambito di una realtà – istituzionale ed identitaria – diversa, chiamata a sostenere in libertà e responsabilità i problemi educativi e formativi con orientamento autenticamente cristiano. Ogni parrocchia dovrebbe dare segnali concreti di interesse, condivisione e corresponsabilità, per l’educazione scolastica, per la scuola cattolica come espressione della comunità cristiana: ciò aiuterebbe a correggere la carenza di una reale educazione ispirata cristianamente.
La dimensione missionaria della “scuola cattolica” si giustifica, infatti, oltre che dal suo specifico da cui trae motivo, anche dall’esigenza di una elaborazione culturale ed un approccio esistenziale che dia senso alla vita e che consenta, già nell’esperienza terrena, di realizzare una comunità di uomini capace, pur nella diversità e molteplicità degli atteggiamenti e delle convinzioni, di rispetto reciproco, di dialogo e di convivenza a partire dall’”identità” di ognuno e di tutti. La ripresa del “progetto culturale” da parte della comunità cristiana ha da porsi in quest’ottica sul territorio, alimentando nella comunità dei credenti, consapevolezza e impegno, libertà e responsabilità, tensione ideale ed operativa. Il tutto in promozione di una cultura cattolica, fondata sulla Verità dell’uomo, e tesa a diventare per ognuno “costume”.