Pier Giuseppe Accornero – sacerdote, giornalista, scrittore
A Umberto Bossi e alla Consulta cattolica della Lega che lo accusano di «protestantizzare» la Chiesa, il 6 dicembre 1994 nel Duomo di Milano la Chiesa ambrosiana risponde votando il documento principale del 47° Sinodo e il cardinale arcivescovo racconta che quando a San Carlo Borromeo «fu portato uno scritto, strappato da un luogo pubblico, sul quale c’erano molti insulti contro l’arcivescovo, egli lo guardò appena e senza proferire parola lo fece bruciare». Questo era Carlo Maria Martini, ferocemente insultato – insieme a Giovanni Paolo II, e i cardinali Dionigi Tettamanzi, Camillo Ruini, Giovanni Saldarini perché contrari allo smembramento dell’Italia – per anni da Bossi, Pivetti, Salvini, Consulta cattolica. Quella Lega per la quale votavano (e votano) tanti italiani fieri: «Qui si affitta in nero agli immigrati e poi si vota Lega»
Torino, Roma, Milano, Gerusalemme: le quattro città di Carlo Maria Martini, morto dieci anni fa il 31 agosto 2012 a 85 anni all’«Aloysianum» di Gallarate (Varese). Gesuita a 24 carati, studioso della Parola di Dio e innamorato della Terra di Gesù, biblista di fama mondiale, arcivescovo di Milano per quasi 23 anni, uomo del dialogo, gigante della Chiesa italiana ed europea. Molti auspicano l’apertura della causa di beatificazione, come la chiedono per Michele Pellegrino (1903-1986), cardinale arcivescovo di Torino (1965-1977), due pastori di due grandi città che meritano ampiamente l’onore degli altari, la cui memoria deve combattere con tanti pregiudizi clericali: Martini è morto da 10 anni, Pellegrino da 36.
Carlo Maria Filippo Martini nasce a Torino in via Cibrario il 15 febbraio 1927 da una famiglia della media borghesia. Il padre è ingegnere edile; la madre, molto religiosa, è casalinga; ha un fratello, Federico, e una sorella, Maria Stefania chiamata «Maris». Studia dai Gesuiti nel prestigioso collegio «Sociale». Alto, biondo, bello, riservato, carattere fermo, volontà di ferro, intelligente, un incredibile sgobbone: «Il mio amore per la Sacra Scrittura cominciò molto presto. A 10-11 anni meditavo il Vangelo, ma allora non era facile trovare una Bibbia. La scovai dopo molte ricerche in una libreria di Torino».
Al «Sociale» nasce la sua vocazione religiosa nella Compagnia di Gesù. Da privatista, in una città devastata dalla guerra, consegue la maturità classica al «D’Azeglio» nel luglio 1944. A 17 anni, il 25 settembre ’44, entra nel noviziato di Cuneo: «Una bomba scoppiò vicino alla nostra casa: passammo l’inverno al freddo, senza finestre né riscaldamento. Era l’ultimo anno di guerra». Ha la passione della montagna e per il teatro: interpreta Thomas Becket, l’arcivescovo inglese martire di «Assassinio nella Cattedrale» di Thomas Eliot. Studia filosofia a Gallarate (Milano) e teologia a Chieri (Torino) alla Facoltà dei Gesui, dove nella chiesa di sant’Antonio, il 13 luglio 1952, il cardinale arcivescovo di Torino Maurilio Fossati lo ordina prete a 25 anni.
Dopo il terzo anno di probazione in Austria, nel 1954-57 studia all’Istituto Biblico di Roma e prepara la tesi in teologia all’Università Gregoriana, dove si laurea in Teologia fondamentale con indirizzo biblico «Il problema storico della risurrezione negli studi recenti». Dal 1957 insegna Teologia fondamentale e Introduzione ai Vangeli a Chieri; 2 febbraio 1962 emette la professione religiosa definitiva; dal 1962 è professore di Critica textus al Biblico dove nel 1965 si laurea summa cum laude con la tesi «Il carattere recensionale del testo lucano del Codice B alla luce del papiro Bodmer XIV».
Sono i fervidi anni di Giovanni XXIII, di Paolo VI e del Vaticano II (1962-65). Tra le riforme più importanti la restituzione al popolo di Dio della liturgia e della Sacra Scrittura. Martini respira il clima della grande «stagione del Concilio». Puntuale e profonda la sua produzione scientifica. Predica esercizi spirituali; tiene conferenze, incontri, convegni. È nel comitato ecumenico che cura l’edizione greca del Nuovo Testamento ed è l’unico cattolico tra i cinque curatori della nuova edizione del «Novum Testamentum graece et latine» di August Merk, che è la base delle oltre 800 versioni della Bibbia.
Nel 1969 a 42 anni è rettore del Biblico. Svolge attività pastorale: visita barboni e diseredati a Trastevere dove stringe amicizia con la Comunità di Sant’Egidio. Nel 1972 il cardinale arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla visita il Biblico e lo invita a tenere una relazione al convegno dei biblisti polacchi. Paolo VI nella Quaresima del 1978 lo incarica degli esercizi in Vaticano e il 18 luglio lo nomina rettore della Gregoriana. Il 15 dicembre 1979 Giovanni Paolo II visita la Gregoriana e il Biblico. Il Papa polacco da tempo ha messo gli occhi su quell’ascetico gesuita, che non si chiude tra codici polverosi e lingue antiche ma apre il cuore e l’intelligenza ai problemi dell’uomo e della cultura, della Chiesa e del mondo. Il 29 dicembre 1979 lo nomina arcivescovo di Milano e il 6 gennaio ’80 lo consacra in San Pietro. La sorpresa è enorme: per la prima volta un torinese e gesuita sale sulla cattedra dei Santi Ambrogio e Carlo. Paolo VI «inventò» Pellegrino; Giovanni Paolo II «inventò» Martini.
Non ha esperienza pastorale e di governo di diocesi ma impara in fretta. È la fase più fervida della sua vita ed è anche la buia stagione del terrorismo. Il suo episcopato è punteggiato da lettere pastorali che attingono a piene mani alla Scrittura e che non eludono i problemi di oggi. Gode di prestigio nazionale e internazionale grazie anche ai Sinodi: nel 1983 Giovanni Paolo II lo crea cardinale e lo sceglie quale relatore del Sinodo «Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa»; partecipa a numerosi altri Sinodi; è membro della Segreteria per diversi mandati; nel 1986 è eletto presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) ed è confermato fino al 1993; è presidente del Comitato organizzatore del II convegno nazionale della Chiesa italiana a Loreto nell’aprile 1985 «Riconciliazione cristiana e comunità degli uomini».
Nel 1986 guida il grande convegno diocesano sul «Farsi prossimo» dove lancia le «Scuole di formazione all’impegno sociale e politico». Iniziative di grande respiro pastorale sono: la «Scuola della Parola di Dio» per i giovani; la «Cattedra dei non credenti» sulle domande della fede; il 47° Sinodo diocesano; la visita pastorale alla diocesi e ai missionari ambrosiani sparsi nel Terzo Mondo.
Quando rinuncia l’11 luglio 2002, sceglie Gerusalemme, dove prega, studia e continua il dialogo ecumenico e inter-religioso. Alla sua morte Benedetto XVI interpreta l’universale rimpianto: «Uomo di Dio, ha studiato e amato intensamente la Sacra Scrittura, ne ha fatto la luce della vita, perché tutto fosse per la maggior gloria di Dio. È stato capace di insegnare ai credenti e a coloro che sono alla ricerca della verità che l’unica Parola degna di essere ascoltata, accolta e seguita è quella di Dio, perché indica a tutti il cammino della verità e dell’amore. Non ha mai rifiutato l’incontro e il dialogo con grande apertura d’animo e con carità pastorale profonda, attento a tutte le situazioni, specie quelle più difficili, vicino con amore a chi era nello smarrimento, nella povertà, nella sofferenza. Il Signore accolga questo instancabile servitore del Vangelo e della Chiesa nella Gerusalemme del Cielo».
Per giorni file di milanesi rendono omaggio alla salma in Duomo e un centinaio di vescovi partecipa al suo funerale.