Domenico Sigalini – presidente del COP

Ogni persona cerca sostanzialmente di essere felice. Tutti vogliono stare bene. Se c’è qualcosa che interessa a tutti è di poter essere contenti, di dare risposta a tutte le domande che salgono dall’esistenza, dal mangiare al bere, al sentirsi qualcuno, alla soddisfazione dei propri desideri o istinti. La vita è un gioco di domande, di esigenze, di desideri, di passioni, di sete e di fame di qualcosa, di sogni e di visioni positive per la propria vita.

Anche Gesù si è trovato a farsi le domande di tutti, a cercare felicità per sé, a sognare e ad amare con cuore di uomo. Nella sua giovinezza e nella sua età matura si è tante volte chiesto che fare della vita, cosa offrire a coloro che incontrava, come interpretare la sua storia e la storia del suo popolo. Le tentazioni nel deserto sono il segno lasciato nei vangeli di queste domande tipiche di ogni persona, di questa ricerca. Però nella vita di Gesù si è inserito in maniera potente un punto fermo: la passione per il regno di Dio. Per lui la felicità è quella, è un sogno di mondo, un desiderio di apertura, una idea di amore, di religione, di vita, di umanità che trova nelle braccia del Padre la pienezza. Appena capito questo, parlo alla maniera umana, Gesù non lo ferma più nessuno, non c’è mamma che tenga, non ci sono amici, non c’è calcolo economico o patrimonio di tradizioni. Lascia tutto. Anche lui è un uomo appassionato della vita, ha un cuore giovane che ama e che gode dell’amicizia, non è un rivoluzionario che disprezza i sentimenti, non è un eroe stoico. Gesù lo sa: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; si chiude in sé stesso non dà la vita, si tiene tutto per sé. Chi ama la sua vita la perde; occorre donarla. Ma è dura. La sua angoscia però non è quella del dubbio, ma è il dolore che accompagna l’obbedienza consapevole del male che si abbatte su di lui. È una angoscia che non mette in crisi la sua fiducia. Sa di avere un padre dolcissimo e in queste mani si abbandona.

La morte e la risurrezione: punti qualificanti del suo servizio

Quella croce conficcata su una sporgenza di roccia più simile al cranio di un enorme teschio, piuttosto che a una collina, sembra dirci che non c’è niente di nuovo sotto il sole. Fotografa gli ultimi illusi di 2000 anni fa, in attesa di altri che li seguiranno. C’è sempre qualcuno che tenta di uscire dalla monotonia della vita, di dare uno scrollone alle sventure, di osare dare gambe ai sogni, ma la legge inesorabile della morte azzera tutto; quella croce riporta tutti a una infinita partenza. Dice Luca, dopo aver descritta la tragedia del luogo del teschio, dopo aver descritto il finale per nulla americano del personaggio Gesù, che: «le donne, il giorno di sabato, osservarono il riposo secondo il comandamento». La Legge si riprende la rivincita, dopo che se l’era presa la morte.

La domenica, l’alba di quel giorno dopo il sabato si porta una novità esplosiva. Lui nel sepolcro non c’è più: scoppia la sua presenza ovunque. Non è un morto ritornato in vita. Lazzaro ci ha sorpreso, ma ha spostato solo la data della sua morte. Lui c’è ed è in vita, una vita nuova piena, inedita: quella di prima tutta in carne, pelle, ossa, corpo e sentimenti, sguardi e affetti, ma radicalmente nuova, inserita in una esplosiva novità. È un modello nuovo di vivente, l’apice cui doveva giungere la vita, da quando Dio l’aveva creata. Ed è vita definitiva per tutti noi.

Essere cristiani significa essere una comunità di servitori della comunione con Dio e della solidarietà tra gli uomini

La cosa più bella che ne è nata, oltre la certezza di una vita piena, è che chi segue Cristo ha in dono la possibilità con la sua vita di essere anche lui servitore come Gesù, cioè di avere la stessa possibilità interiore di offrire a Dio il nuovo vero culto che è comunione con lui e solidarietà, servizio con i fratelli. Il suo servizio Gesù l’ha vissuto da laico. Questo servizio è il nuovo vero sacerdozio. Tra i due modi di servire Dio con riti e separazioni o con la solidarietà umana, ha scelto quest’ultimo, ha spinto all’estremo la comunione con Dio e la solidarietà con gli uomini. Essere laici significa soprattutto questo. Il sacerdozio che è di tutti i battezzati è questa docilità filiale verso Dio e solidarietà con i fratelli. Il vero sacrificio non è accanto all’esistenza, ma nell’esistenza stessa. È mettersi a disposizione dello Spirito per la propagazione della comunione nel mondo, è offrire a tutti gli uomini la possibilità di sentirsi amati da Dio. Servire fa parte dello statuto del cristiano laico. Servire come Gesù fino alla morte, con la certezza delle braccia incrollabili del Padre. È il servizio del vangelo, la persona di Gesù, della fede, della santità.

È il servizio della vita, la forza dello Spirito che abita in tutti, della spiritualità e della lotta alla fame e alla morte che assume tante forme. È il servizio della speranza, del futuro, contro la disperazione e l’adattamento al ribasso. È il servizio della compagnia, della lotta alla solitudine, dell’accoglienza a chi è straniero e solo. È il servizio della relazione che diventa anche politica, oltre che amicizia. Essere laici è soprattutto questo.

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